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21 feb 2011

Conflitto d'attribuzione, i dubbi del premier Gli avvocati frenano: evitiamo brutte figure

L'ipotesi di rinviare ancora l'apertura del procedimento alla Camera che però rischia lo stop di Fini. La difesa di Berlusconi convinta di uscire dal processo Ruby in tempi brevi

 

ROMA - Esitanti. Dubbiosi. Incerti. Con il fantasma di un no di Fini e dell'ufficio di presidenza della Camera al conflitto di attribuzione. Stanno messi così quelli del Pdl. Con gli avvocati del premier, intenti alla lettura delle carte del processo, che spingono per liquidare subito il dibattimento del Rubygate, farlo e chiuderlo in più in fretta possibile, per evitare che possa essere ricongiunto a quello Minetti-Fede-Mora, in cui Berlusconi finirebbe nel tritacarne mediatico delle decine di ragazze che raccontano le notti di Arcore. Ma con i consiglieri politici di Berlusconi che calcano la mano sulla necessità, all'opposto, di un segnale di netta contrapposizione ai magistrati, che passa necessariamente per il conflitto di attribuzione alla Consulta. Sul quale però incombe il rischio di un altolà di Fini e dell'ufficio di presidenza della Camera, dove i numeri non arridono alla maggioranza. 

È questa la fotografia del week end di dubbi e incertezze in casa berlusconiana che potrebbe preludere oggi alla decisione di rinviare ancora l'avvio del conflitto di attribuzione alla Camera. "Potrebbe", un condizionale d'obbligo, perché nella strategia per difendere il "capo" mai come questa volta ci sono stati stop and go, corse in avanti e precipitosi passi indietro. Il caso del conflitto alla Corte è emblematico. Uno o due? Uno alla Camera e uno di palazzo Chigi? Non è ancora deciso. Pareva certo che oggi, al presidente della giunta per le autorizzazioni Pierluigi Castagnetti, 
il capogruppo del Pdl Maurizio Paniz avrebbe recapitato una lettera per annunciargli l'avvio del conflitto. Poi ecco la frenata. Perché a Montecitorio la procedura è chiara, la richiesta di conflitto va rivolta al presidente, il quale la gira alla giunta per un parere. Lì si vota, le carte ripassano all'ufficio di presidenza che vota sulla trasmissione all'aula. Qui i berlusconiani non hanno i numeri, temono che Fini stoppi tutto, e il leader di Fli finora ha rifiutato qualsiasi messaggero che potesse convincerlo a trasferire il conflitto in aula. Paniz lo dà per scontato: "Solo l'aula si esprime sul conflitto". Enrico Costa, anche lui componente Pdl della giunta, aggiunge: "Su una questione che attiene alle prerogative il presidente non può bloccare alcunché". Ma il precedente Sardelli versus Faggiano, dove l'ufficio di presidenza nell'ottobre 2003 non dette seguito al conflitto pur votato dalla giunta delle elezioni, mette in agitazione il Pdl. 

Di una cosa è convinto l'avvocato del premier Niccolò Ghedini, bisogna evitare brutte figure, come un no al conflitto d'attribuzione. Mentre legge i 22 faldoni del Rubygate, Ghedini si va confermando nell'idea che questo è un processo vinto in partenza e soprattutto che può chiudersi in due mesi, con non più di 15 o 20 testi tra accusa e difesa. Un primo grado da chiudere per evitare che un eventuale rinvio possa farlo riunire a quello Fede-Mora-Minetti dove sfileranno le ragazze dell'Olgettina. Poi, qualunque sia la sentenza, lo spazio per il ricorso alla Corte rimane. Come resta la via, seguita dallo stesso Ghedini nel ruolo di avvocato dell'ex Guardasigilli Roberto Castelli, di un'istanza del parlamentare alla Camera di appartenenza la quale delibera se autorizzare o meno il prosieguo dell'azione penale. Lo fece l'ex ministro Altero Matteoli nel 2009, ma la conseguenza è stata un ulteriore ricorso dei giudici di Livorno alla Corte rispetto a un atto politico dal valore inesistente. La Consulta deve ancora decidere. Ma i tre giudici del collegio Rubygate, nella stessa situazione, potrebbe ben andare avanti. A quel punto la Camera dovrebbe comunque sollevare il conflitto. Oggi, come ogni lunedì, Ghedini sarà ad Arcore. E non è escluso che chieda conto alla procura di Milano del perché, mentre Ruby parla di una trentina di interrogatori, nei faldoni ce ne sono solo cinque. 

Poiché i tempi stringono per tutti i processi del premier, ben quattro in un mese (28 febbraio Mediaset; 5 marzo Mediatrade; 11 marzo Mills; 6 aprile Rubygate), oggi gli avvocati, negli uffici Fininvest, terranno un briefing per limare le strategie. Sollevare o no il legittimo impedimento? Sempre, o solo per i processi, come Mills, che rischiano di chiudersi presto e con una condanna per corruzione? L'11 marzo, giusto quando cade Mills, a Bruxelles c'è un consiglio straordinario sull'economia e l'udienza potrebbe saltare. Ma l'impressione complessiva è che la "macchina da guerra" anti-processi del Cavaliere, al di là dei proclami, non giri ancora a pieno regime.

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