Ireneos I, già massima autorità della Chiesa Greca-Ortodossa, fu sostituito nel 2005 per speculazioni edilizie
GERUSALEMME – Se può, e spesso dice di non potere, sale sui tetti. Come uno studente ribelle. O un carcerato in rivolta. Va lassù, sulla cima dell'antico palazzo in pietra gerosolimitana dove vive da quarant'anni, a due passi dal Santo Sepolcro, va lassù e protesta. L'ultima volta, Sua Beatitudine Ireneos I, centoquarantesimo successore dell'Apostolo Giacomo, già Guida della Chiesa Madre delle Chiese cristiane di Gerusalemme, di Palestina, di Siria, d'Arabia e del Giordano, è salito lassù giovedì scorso. Ha chiamato i fedeli che l'acclamavano nella strada sotto, proprio davanti al Patriarcato Greco-Ortodosso. Ha gradito e tirato su una sacca di dolcetti che gli hanno donato. Poi, con un microfono senza fili che un giornalista gli ha fatto arrivare, dai tetti è riuscito a dire quel che gli stava in gola: «Chiedo ogni giorno a Dio di rivelare la verità. Qui a Gerusalemme non c'è un patriarca: sono io il patriarca! Mi hanno rinchiuso qui dentro da tre anni. Non mi permettono d'uscire e non permettono a nessuno di farmi visita. Hanno paura di voi, della mia gente. Perché io sono amato e vi amo tutti».
(Ap)
DAGLI ALTARI ALLA POLVERE - Sei anni fa, Ireneos I era il patriarca dei centomila greco-ortodossi del Medioriente. Assieme ai frati francescani, agli armeni, ai copti, agli etiopi e ai siriani, era uno dei proprietari e custodi dei luoghi santi, fra Gerusalemme, Betlemme e il Sinai. Uno dei grandi metropoliti della città più sacra ai cristiani, assiso nella Basilica dove Gesù morì, fu sepolto e resuscitò. Oggi, Ireneos è solo un vecchio prete spodestato e, dice lui, «prigioniero della mia chiesa»: rivendica la sua carica, veste sempre i paramenti del primate, trascorre le giornate in isolamento, pregando e leggendo. Fu deposto con un blitz nel 2005, dopo quattro anni di reggenza, e rimpiazzato dal più giovane e attuale patriarca Teofilo III. Motivo? Secondo la Fratellanza del Santo Sepolcro, il sinodo che elegge il patriarca, Ireneos avrebbe firmato di sua iniziativa diversi accordi col rabbinato ebraico, finendo per cedere agl'israeliani alcune importanti proprietà della Chiesa greca e sollevando il sospetto di alcune speculazioni edilizie: su uno storico albergo alla Porta di Jaffa, su diversi terreni a Betlemme, su immobili sparsi per la città vecchia... Ireneos ha sempre negato, parlando invece d'un complotto dei suoi nemici interni e chiamando a sua difesa la stessa Autorità palestinese, che ha garantito sulla correttezza del patriarca: né Abu Mazen, né il governo israeliano che assieme alla Giordania mantengono un diritto di vigilanza sui luoghi santi, fino al 2007 hanno riconosciuto l'insediamento dell' "usurpatore" Teofilo.
"NESSUN SEQUESTRO" - Finora i veleni erano rimasti fra le cripte del Catholicon. Da Atene, dov'è il Vaticano degli ortodossi, si smentiva tutto: contro Ireneos, nessuna congiura, e soprattutto nessun ordine di reclusione. Sta di fatto che l'uomo continua a proclamarsi l'unico, autentico patriarca. E che avvicinarlo, per i media, è quasi impossibile: «Teofilo l'ha messo in punizione e ha buttato via la chiave» ha rivelato all'Associated Press un suo collaboratore, Marwan Tubasi. Alla polizia israeliana finora non è mai giunta denuncia di sequestro di persona e, comunque, l'orientamento delle autorità locali è di non immischiarsi nelle lotte fra confratelli. L'ennesima fuga sui tetti e l'urlo di Ireneos, però, l'altro giorno ha scosso i cristiani di Gerusalemme e oltre. Rivelando al mondo, anche se non ce n'era bisogno, che intorno al Santo Seplocro si continuano a consumare risse e lotte di potere. Quelle che fanno rivivere le parole d'un viaggiatore dell'Ottocento: «Appare come un incrocio fra un cantiere e un magazzino di mobili usati», scrisse, un luogo che al visitatore tutto sembra, meno che il più sacro di tutta la cristianità.
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