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29 dic 2010

Se «L'eredità» diventa tensione intellettuale

A FIL DI RETE

«Alle otto meno dieci di ogni sera, se sono a casa, chiunque stia guardando la tv, gli strappo il telecomando di mano spiegando che adesso gli faccio vedere un gioco bellissimo». Così Francesco Piccolo, in un delizioso libretto pubblicato da Einaudi: Momenti di trascurabile felicità. È un catalogo di piccoli piaceri (ecco chi ha ispirato, al contrario, le liste di non trascurabile infelicità di Fazio e Saviano!), di fulminanti appagamenti, di beatitudini di poco conto capaci però di cambiarti la giornata. Fra questi, La ghigliottina, il gioco finale dell'Eredità, un format argentino importato da Magnolia (Raiuno, dal lunedì al venerdì, ore 18.50). 


«Consiste in questo: appaiono coppie di parole - continua Piccolo -, una è giusta e l'altra è sbagliata. Sono cinque coppie... Se il concorrente sceglie la parola sbagliata, il montepremi viene dimezzato. Le cinque parole giuste sono accomunate da un'altra parola, che è quella che bisogna indovinare alla fine». È un momento molto particolare, di tensione intellettuale: bisogna infatti spremersi il cervello per trovare una parola che leghi, per connessione logica, linguistica e semantica, le fatidiche cinque parole sopravvissute alla ghigliottina. 

Esempio: le parole «vivere», «spirito», «linguaggio», «voto», «condizioni» sono

Carlo Conti (Agi)
Carlo Conti (Agi)
tenute insieme dalla parola «povertà» (vivere in povertà, povertà di spirito, ecc). Curiosamente Piccolo non nomina mai il conduttore, Carlo Conti. Ci troviamo infatti di fronte a uno di quei rari meccanismi che funzionerebbero con qualsiasi personaggio: quando cala la ghigliottina lo share aumenta di circa tre punti. Tutti amanti della lingua italiana? Tutti cultori del dizionario? Può darsi. 

«Non è affatto facile - conclude Piccolo - indovinare la parola. Però la sensazione che si prova nel momento in cui capisci che hai pensato alla parola giusta, è impagabile». Basta chiederlo al Tg1, che su questo traino ci campa.

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