NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Un viaggio nella notte, un atterraggio a luci spente su Air Force One, un arrivo a sorpresa alla base aerea di Bagram, in Afghanistan: Barack Obama è andato ieri in zona di guerra, e mentre scriviamo sta già rientrando a casa per passare il fine settimana in famiglia. Ufficialmente il viaggio è stato organizzato per salutare i soldati al fronte che passeranno le feste lontani da casa.
«Grazie a voi stiamo facendo progressi enormi, conquistando terreno giorno dopo giorno e stanando i talebani dai loro nascondigli», ha detto Obama, parlando ai soldati americani. «Ciascuno di voi è un eroe» e l'America «sarà sempre grata per i vostri sacrifici. Ci aspettano momenti difficile ma al-Qaeda sarà sconfitta», ha aggiunto il presidente, presentato dal generale Petraeus.
In termini politici, e non programmati, la visita potrebbe trasformarsi nel primo viaggio di "riparazione" post WikiLeaks. L'arrivo di Obama infatti coincide con la rivelazione di posizioni poco lusinghiere nei confronti del governo afghano e dello stesso Hamid Karzai, accusati di corruzione, indecisione e inettitudine dai cablogrammi del dipartimento di Stato.
Il presidente tuttavia, ieri ha preso chiaramente le distanze dall'atteggiamento severo che lui stesso aveva avuto negli ultimi tempi nei confronti della leadership afghana e in particolare durante l'ultimo viaggio a Kabul il marzo scorso. Le avvisaglie più chiare di una svolta americana verso l'ammorbidimento dei toni sono state al vertice Nato di Lisbona, dove Karzai aveva espresso disappunto per operazioni militari americane che colpivano i civili. In un incontro a due Obama aveva cercato di portare serenità nei rapporti, il vertice aveva confermato la data di partenza per il 2014 ad esempio.
Un'altra gaffe fu quella dell'impostore che si presentò come uno dei più alti rappresentanti talebani per dialogare di pace con gli alleati e con Karzai. Uno scivolone, non solo perché il talebano incontrò persino il presidente afghano, ma perché la rivelazione ha deragliato la politica dei due binari, quella cioè che si proponeva di attaccare le roccaforti degli estremisti, ma di avviare allo stesso tempo un dialogo per il post conflitto.
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