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13 dic 2010

Berlusconi: "No ad una crisi al buio"

Discorso del premier in Senato:
«Siamo uniti, serve continuità»
Ai finiani: «Non tradire elettori»

ROMA
«Sono sereno e fiducioso». Prima dell'inizio del Consiglio dei Ministri in Senato, Silvio Berlusconi manifesta ottimismo sulle sorti del governo: «Oggi è il giorno che dovrà confermare
che il Parlamento rispetta la volontà degli italiani». Alle 9 il presidente del Consiglio inizia poi il proprio discorso in Parlamento: «Non c'è bisogno di una crisi al buio. Qualunque dissenso, qualunque critica è legittima ma la rottura no, la sfiducia, la divisione dei moderati no». E ancora: «No all'autolesionismo come nella prima Repubblica. Le critiche al governo sono pretestuose e qualunquiste. Così si lavora contro gli interessi della Nazione». Il Cavaliere elenca così i successi dell'esecutivo: «Grazie alle politiche messe in campo dal governo, l'Italia ha acquisito reputazione e credibilità sui mercati. L'Italia non è più parte dei problemi dell'economia europea, ma parte della soluzione di questi problemi».

Dopo la fiducia data quasi per certa, Berlusconi pensa all'innesto di un paio di ministri "tecnici", dai nomi prestigiosi e di grande profilo, per mandare un segnale di buona volontà all'Udc di Pier Ferdinando Casini. Udc alla quale però il Cavaliere non lesina critiche associandola ai futuristi. «Se Fini e Casini votano la sfiducia al governo insieme al Pd perdono di credibilità», dice parlando in nottata con i senatori del Pdl. Resta comunque speranza che i centristi cambino posizione sull'esecutivo e magari appoggino alcuni provvedimenti. 

Uno scenario che proprio Berlusconi avrebbe ventilato ieri senza dimeticare un nuovo affondo contro la par condicio auspicandone la modifica per evitare che partiti più piccoli, proprio come Fli e i centristi, erodano lo spazio spettante ad un grande partito come il Popolo della libertà. «Domani farò un discorso di alto profilo perchè se scendessi nella polemica direi cose molto pepate», ha detto ancora ieri ai senatori del Pdl. Conversando invece in giornata con alcuni esponenti del centrodestra, il premier ha affrontato il nodo del post 14 dicembre. Dando quasi per scontato di avere la fiducia, Berlusconi ha brevemente ragionato sul dopo. Consapevole che una maggioranza di uno, duo o tre deputati alla Camera non gli consentirebbe di proseguire agevolmente nell'azione di governo, il Cavaliere ha riconosciuto che il campo centrista è quello in cui guardare, visti i rapporti sempre più difficili con i finiani. 

In questo quadro, secondo quanto riferito dalle stesse fonti, il premier ha parlato di «margini» di trattativa con i centristi. Lui stesso ha riconosciuto che l'obiettivo di un allargamento del governo all'Udc continua a scontrarsi con il "niet" di Casini. Riprovarci subito, anche dopo aver incassato la fiducia, sarebbe quindi inutile. Meglio procedere per gradi, mandando a Casini segnali di buona volontà. Ed ecco l'ipotesi gettata lì dal premier: nominare un paio di ministri "tecnici" dai nomi prestigiosi. Per far capire a che tipo di profilo stava pensando Berlusconi ha fatto il nome di Mario Monti. 

Un'innesto che avrebbe un doppio obiettivo: imprimere al governo un orientamento più attento a certe tematiche care ai centristi e dare maggior lustro all'esecutivo. Un modo per convincere Casini che l'aria è cambiata, ma senza incappare nel veto leghista, da sempre contrario ad un allargamento dell'esecutivo verso l'Udc. Berlusconi sa però che per avvicinarsi all'ex presidente della Camera, dovrà inviare segnali anche sul fronte dell'azione di governo. E, secondo le persone a lui più vicine, inizierà a farlo da oggi, nel suo intervento in Senato. Un discorso «alto», di apertura, in cui cercherà di spiegare che la fiducia al governo non è nell'interesse del premier, ma semmai del Paese che ha bisogno di una guida in una fase congiunturale così delicata. Un intervento in cui non dovrebbero mancare richiami a temi cari ai centristi, come il quoziente familiare, peraltro già previsto nei cinque punti programmatici.

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