Vertice ad Arcore, tramonta l'ipotesi della Lega
Il Senatur: vogliono far fuori Silvio
MILANO - «Bisogna anche capirlo. Qui non è più neanche politica. Qui c'è qualcuno che vuole farlo fuori». Umberto Bossi, con i fedelissimi, ha allargato le braccia. Come previsto, come lui stesso già si attendeva, nessuno è riuscito a far recedere il premier dalle intenzioni bellicose. E il titolo in testa alla Padania della settimana scorsa, «No a crisi al buio», sembra appartenere a un'altra storia. In ogni caso, una cosa è certa: Umberto Bossi non ha alcuna intenzione di abbandonare «l'amico Silvio». A costo di non far comprendere la sua scelta a una parte del movimento.Il Carroccio, però, ci ha provato. Si è presentato ad Arcore con una delegazione decisamente oversize, la bellezza di nove persone tra cui, oltre a Bossi, il figlio Renzo e i «tre Roberti»: Maroni (con cravatta rossonera), Calderoli e Cota. La Lega si era preparata i compiti a casa, sia pure senza crederci troppo (o affatto).
L'idea era quella di persuadere Silvio Berlusconi a rinunciare alla conta pro e contro di lui per poi vedere, se possibile oggi stesso, il presidente della Camera. Per Silvio Berlusconi sarebbe stato preparato un Berlusconi bis assai dettagliato, addirittura con già una ipotesi di divisione delle deleghe. Nel nuovo mazzo di carte, anche alcune sorprese: per esempio, un certo ridimensionamento di Giulio Tremonti (peraltro presente all'incontro), in modo da ingolosire l'arci-nemico Gianfranco Fini. L'idea era quella di sottrarre il Bilancio al cospicuo bouquet delle competenze del super ministro per assegnarle a un esponente di Futuro e libertà. Un'idea ricca di retropensieri. Il primo: coinvolgere in maniera decisiva il leader Fli nelle scelte del governo. Il secondo: chiunque non sia Giulio Tremonti, con il suo carattere e le sue radicate convinzioni, difficilmente potrebbe reggere le pressioni concentriche che circondano il ministro che tiene i cordoni della borsa. E dunque, alla fine sarebbe arrivato qualcosa in più sul territorio, a quei sindaci che quando sentono parlare dell'«amico Giulio», pubblicamente annuiscono per disciplina di schieramento. Ma dentro di sé cesellano espressioni colorite.
Eppure, non è detto che il governo bis sia stato effettivamente prospettato al premier. Perché fin da subito è stato chiaro che c'era poco da fare. Neppure ha fatto breccia il suggerimento di andarci piano a dire «no». Di avere un approccio, come dire, più tattico: «Silvio - avrebbe detto Bossi - aspetta almeno di vedere che cosa dice Fini. Fai bocciare la proposta da lui, che si veda chi sta affossando il governo scelto dagli elettori». La discussione, tuttavia, è stata densa. Spiega il coordinatore pdl Ignazio La Russa: «Abbiamo fatto un esame puntuale e preciso di tutte le ipotesi in campo, pro e contro. E alla fine, è stato confermato il patto di ferro tra Bossi e Berlusconi». La disamina ha preso in considerazione i fatti di giornata, dalle dimissioni dei finiani all'intervista di Rosy Bindi sugli «elettori democratici che capiranno l'alleanza con Fini», al D'Alema che dice al Tg2 «è possibile una coalizione ampia, dal Pd a Fini». E persino l'ipotesi di Pdl e Lega all'opposizione, nel caso di governo tecnico: «Quanto potrà durare? Sei mesi, o nove? Noi non staremo con le mani in mano...».
Durante la serata, i due leader si sono scambiati nuove rassicurazioni. Bossi ha chiesto se «siamo sicuri che non si architetterà qualcosa che ci taglia fuori?». Mentre il premier ha rigirato la domanda: «Non sarete magari voi che vi fate impressionare dal clima politico e pensate ad alternative?». E così, il summit è stato l'occasione per un nuovo giuramento di lealtà tra i due capi della coalizione.
Il finale è stato tutto dedicato al calcio, con una serie di siparietti tra l'interista La Russa e il milanista Roberto Maroni sotto lo sguardo compiaciuto del proprietario della squadra milanese: «Il vostro presidente è pure andato a votare alle primarie del Pd» ha scherzato il ministro dell'Interno. «E vabbé, ma un'altra Moratti fa il sindaco con noi» ha ribattuto il responsabile della Difesa. All'uscita, la dichiarazione ufficiale: «È esclusa l'eventualità di un Berlusconi bis e in caso di un voto di sfiducia in Parlamento, tutt'altro che scontato, la maggioranza ribadirà con forza la richiesta di elezioni anticipate».
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