Onore a Ghedini, dunque, dai suoi fan de Il Fatto, gli ultimi in grado di capire le sue imprese. Onore a Niccolò, vittima tragica e nobile, nel suo slancio, e quindi meritevole di rispetto assoluto: “Sa, Santoro, così si legge nei verbali, ammesso e non concesso che sia vero, visto che quella è una ricostruzione di parte non verificata, e ammesso che quelli pubblicati dai giornali siano veramente i verbali…”. Geniale, superlativo, impareggiabile, ammesso e non concesso. Anche perché dopo aggiunge: “Ho letto nelle interviste di Ruby che lei non dice questo”. Non fa una grinza.
La verità è che è facile e ignobile puntare il dito: tutti noi, di fronte ad un compito così arduo ci saremmo sottratti, lui no. Niccolò è andato al massacro come un agnello sacrificale. Non pensate che lo faccia per soldi: il denaro non dorme mai, ma nemmeno può tutto: Ghedini lo fa perché è in odore di santità. Ecco perché, davvero giovedì sera è andata in onda molto più di una ospitata, l’epifania di una metamorfosi. Una puntata da rivedere alla moviola, come i goal di mano di Maradona e gli scivoloni del very best di Paperissima: il passaggio di Niccolò “Mavalà” Ghedini dal ruolo di grande avvocato ad avvocato d’ufficio, come quelli assegnati dalla lotteria del caso ai malcapitati che non possono permettersi la parcella di un difensore, quelli che a fine arringa sospirano allargando le braccia: “Mi rimetto alla clemenza della corte”.
Facile sarebbe gettargli addosso la croce, provare a dire, accecati da una vertigine di arroganza, che è colpa sua. In realtà va scritto che quella di giovedì è stata una delle più belle prestazioni atletiche di Ghedini: “Berlusconi aveva avuto l’occasione di scherzare con lo stesso Mubarak, su una sua parente molto bella….”. Scherzo autopersuasivo e probante. Va detto che lui ce l’ha messa tutta, come l’indimenticabile Aldo Ceccarelli, l’avvocato d’ufficio romano che anni fa difendeva un poveraccio accusato di aver frantumato la fontana di Trevi dopo esserci salito sopra: “Dottò, la fontana era vecchia e fracica….”.
Esempi illuminanti. Si discute della famosa telefonata di Silvio Berlusconi alla questura di Milano. Che fa, Ghedini, nega? Macché, spiega, candidamente: “Non ha fatto una telefonata di pressione”. E cosa ha fatto? “Una semplice telefonata di informazione”. Ma… “Ma nel frattempo – spiega ancora Ghedini – era arrivata Nicole Minetti”. Era arrivata, come la fata turchina nella fiaba. E cosa gli contesti? Nulla. E infatti Ghedini prosegue nella sua meravigliosa ricostruzione. Chi l’ha fatta arrivare l’igienista dentale? “…Il presidente del Consiglio”. E chi l’ha avvisato il presidente del consiglio? La risposta giusta è: una ballerina brasiliana. Ma nella lingua immaginifica di Ghedini ildettaglio imbarazzante si sfuma e si polverizza nell’eufemismo: “Il presidente è stato avvisato da una amica comune, che era stata allertata da una conoscente”. Primo assioma ghediniano: ogni passaggio di testimone diluisce la responsabilità, ovviamente a favore di Berlusconi.
Ma come fare quando è lo stesso Berlusconi a dire e a fare cose disdicevoli? Qui, di nuovo, l’avvocato Mavalà (giovedì semanticamente contratto in un più semplice ma và, febbricitante, e tachipirinizzato) dava il meglio di sé. Berlusconi ha mentito quando ha detto che Ruby era la nipote di Mubarak? Il volto di Ghedini pare di marmo: “No”. Come “No”? Chiede Santoro: “È a verbale”. Ghedini, animato come una soglia di travertino, costruisce una proposizione interrogativa spiazzante: “Ma le pare che Berlusconi direbbe mai a un capogabinetto che Ruby è la nipote di Mubarak se non glielo avesse detto la stessa ragazza?”. Il che è semplicemente geniale. Berlusconi non può mentire. Se mente è perchè sinceramente viene ingannato da una perfida fanciullina: essendo innocente è sempre sincero.
Ma in un altro momento della trasmissione, Ghedini ricorre ad altri meravigliosi schemi d’attacco. Ad esempio una nuova declinazione del noto apparato teologico arcoriano. Domanda secca di Santoro: “Ma Berlusconi sapeva che Ruby era minorenne?”. Il volto dell’avvocato si anima, come una lastra di granito rosa: “No”. Lo studio si ammutolisce. Come no? E lui: “Non era sicuramente minorenne per lui, perché gli aveva detto di avere 24 anni”. Il che è un bel salto evolutivo: anche la maggiore età può essere ad personam. Ruby è minorenne per l’anagrafe, per le amiche, per le forze dell’ordine, per i giudici, per i suoi genitori, ma non per Berlusconi e per il suo avvocato: “Quanti anni hai stasera/ Quanti me ne dai, bambina”, direbbe Vasco. Giovedì è andato in onda l’Annozero di Ghedini. Un grandissimo avvocato. Ma non il nostro.
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