SCONTRO SULLA REPLICA/VENERDÌ INCONTRO MASI-RUFFINI
Il Cda Rai: ospitare le associazioni pro-vita. I due conduttori:il nostro programma non è stato pro-morte
Roberto Saviano con Mina Welby (PhotoMasi) |
LA NOTA - Il «no» alla richiesta del Cda, spiegano Fazio, Saviano e gli autori di Vieni via con me in una nota, è motivato da «una ragione specifica» e da «una ragione di principio». «La ragione specifica: concedere un cosiddetto diritto di replica - scrivono - alle associazioni pro-vita, significherebbe avallare l'idea, inaccettabile, che la nostra trasmissione sia stata "pro-morte", mentre abbiamo raccontato due storie di vita, sottolineando la pari dignità, di fronte alla prosecuzione artificiale della vita, di chi sceglie di accettarla e di chi sceglie di rifiutarla. Per la precisione, è stata letta da Beppino Englaro questa pronuncia del 2007 della Corte di Cassazione: "Accanto a chi ritiene che sia nel proprio migliore interesse essere tenuto in vita artificialmente il più a lungo possibile, anche privo di coscienza, c'è chi, legando la propria dignità alla vita di esperienza e questa alla coscienza, ritiene che sia assolutamente contrario ai propri convincimenti sopravvivere indefinitamente in una condizione di vita priva di percezione del mondo esterno". Sono parole della Corte di Cassazione della Repubblica italiana: rappresentano tutti, nessuno escluso».
«NON SIAMO UNA TRIBUNA POLITICA» - «La ragione di principio: un programma di racconti, come il nostro, non ha la pretesa - sottolineano ancora - nè il dovere nè la presunzione di rappresentare tutte le opinioni. Non siamo un talk-show, non siamo una tribuna politica. Se ogni associazione o movimento che non si sente rappresentato da quanto viene detto in trasmissione chiedesse di dire la sua, non basterebbero mille puntate di Vieni via con me. La Rai dispone di spazi adatti per dare voce alle posizioni del movimento pro-vita, che del resto già ne usufruisce ampiamente. L'idea che ogni opinione, ogni racconto, ogni punto di vista, ogni storia umana debba essere sottoposta a un obbligo di replica ci pare lesiva della libertà autorale, della libertà di scelta del pubblico, e soprattutto della libertà di espressione».
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