Pyongyang: «Trasformeremo
il cuore del nostro nemico
in un mare di fuoco»
La Corea del Nord minaccia di scatenare un mare di fuoco. Dopo i 400 mila volantini propagandistici sul Nord, come immediata risposta della Corea del Sud all'attacco di martedì scorso contro l'isola di Yeonpyeong, arriva forte la condanna di Pyongyang.
I volantini, trasportati da palloncini oltre la zona demilitarizzata che segna il confine tra le due Coree, contenevano critiche al leader nordcoreano Kim Jong-Il e al suo probabile successore, il figlio ventisettenne Jong-Un, mentre sei anni fa la Corea del Sud si era impegnata con il governo avversario a sospendere questo tipo di guerra psicologica.
In risposta all'attacco nordcoreano di martedì scorso, il comandante dei Marines sudcoreani ha minacciato una vendetta «mille volte più dura» per vendicare i giovani morti. La Corea del Nord nel mentre ha chiesto scusa per le vittime civili nel bombardamento di artiglieria contro l'isola sudcoreana di Yeonpyeong, dicendo che, «se è vero», si è trattato di un fatto «molto increscioso». Ha poi aggiunto però che la «responsabilità è del nemico», il quale avrebbe creanto uno scudo umano con i civili schierati attorno alle postazioni di artiglieria e nelle basi militari dell'isola.
I contraddittori pronunciamenti del Nord sono probabilmente da attribuire agli sforzi della diplomazia cinese, messa sotto pressione dalla comunità internazionale che le chiede di esercitare un'influenza moderatrice su Pyongyang.
Il Nord ha infine messo in guardia da conseguenze «imprevedibili» per l'arrivo della portaerei americana George Washington nel Mar Giallo, che verrà impiegata domani nelle manovre aeronavali congiunte fra Stati Uniti e Corea del Sud nel Mar Giallo.
Il ministro degli esteri di Pechino, Yang Jiechi, ha parlato con i rappresentanti delle due Coree e col segretario di Stato americano, Hillary Clinton. «Il compito urgente è ora quello di prendere il controllo della situazione e impedire altri incidenti» ha affermato il ministro parlando al telefono con Clinton.
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