Gli ultimi due anni sono stati molto difficili per gli studi legali d'affari. Abituati a parcelle dorate e a un discreto potere negoziale con i counsel delle aziende per cui lavorano, in Italia e nel mondo le law firm si sono dovute adattare allo scenario post crisi finanziaria di bassa crescita, quello che Bill Gross e Mohamed El-Erian, numeri uno del fondo d'investimento Pimco, hanno definito nuova normalità (in inglese, «new normal»). Un numero per tutti: in Inghilterra, secondo i dati della pubblicazioneThe Lawyer, dall'autunno del 2007 sono rimasti senza lavoro oltre 4260 professionisti.
Come hanno reagito gli studi legali? In che modo viene condiviso con i clienti il rischio di una operazione e quali strutture alternative di fatturazione hanno preso il posto delle feeorarie? La conclusione a cui arriva l'edizione 2010 del report "Innovative lawyers" del quotidiano inglese Financial Times - dopo oltre quattro mesi di ricerca in collaborazione con la società RSG consulting, la raccolta dei dati di oltre 600 studi legali e di circa 600 interviste individuali con avvocati e responsabili dei dipartimenti giuridici delle aziende - suona come un'ammissione di impossibilità a dare una risposta definitiva: «Non esiste una risposta semplice a domande complesse».
Domande che dal mercato inglese e quello americano (a cui il FT dedica quest'anno per la prima volta un'edizione speciale del report) sono rimbalzate in quello italiano. Nel Belpaese, sia chiaro, la parola licenziamento era e resta un tabù. Gli avvocati sono liberi professionisti e non dipendenti, ma anche a Roma e a Milano molti legali specializzati in particolare in diritto immobiliare e finanziario hanno dovuto accettare compromessi per continuare a lavorare: stipendio inferiore, struttura più piccola o nuova specializzazione.
In Italia pochi studi sono stati trasparenti sugli effetti numerici della crisi. Allen & Overy, studio che con Clifford Chance, Freshfields, Slaughter & May e Linklaters costituisce il Magic Circle inglese, era stato uno dei pochi a annunciare l'uscita di alcuni professionisti dalle sedi di Roma e Milano e lo stesso è avvenuto in modo meno ufficiale in molte delle altre strutture specializzate in diritto commerciale.
In sintesi, il mercato è cambiato. Piuttosto radicalmente. Un esempio citato dal Financial Times è quello dello studio inglese Addleshaw Goddard che ha lanciato un fondo di investimento per il settore contenzioso per limitare il costo e il rischio dell'attività di litigation. Rientrano in questa nuova generazione del contenzioso le parcelle condizionate al successo del caso, l'assicurazione "After The Event" (Ate) che copre le spese legali anche della controparte, e la possibilità di accedere a un finanziamento esterno per coprire questi costi, in inglese "Third party funding".
La delocalizzazione nei paesi che hanno costi di manodopera inferiori è l'altra faccia del fenomeno. Perché pagare 500 euro l'ora un giovane avvocato occidentale quando in India il salario medio di un professionista non arriva a 8mila euro l'anno? Gli studi devono inoltre affrontare la professione con spirito manageriale.
«C'è competizione in questo mercato, un po' come in quello della grande distribuzione», afferma Mario Tonucci, fondatore di Tonucci & Partners . «Tutti devono rimettersi in gioco. Per questo motivo stiamo valutando la possibilità di offrire ai clienti un servizio continuo 24 ore al giorno, festivi compresi, organizzando dei turni qui in studio». I termini tecnologia, competizione, management e marketing hanno fatto il loro ingresso nei palazzi del diritto. Ecco come.
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