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22 ott 2010

Maometto si è fermato a Londra. Il boom della finanza islamica


La finanza islamica è cresciuta a un tasso del 30% negli ultimi quattro anni, con asset intermediati ad oggi tra gli 800 e i 1.000 miliardi di dollari. Le potenzialità di sviluppo per il prossimo quinquennio sono stimate in accelerazione, con asset che potrebbero raggiungere i 5mila miliardi di dollari entro il 2015. Eppure l'Italia, nonostante 1,3 milioni di immigrati musulmani e un numero crescente di imprese italiane impegnate in Medio Oriente e in realtà industriali nel mondo islamico, finora ha ignorato questo fenomeno: il mercato finanziario italiano è l'unico, tra i grandi europei, a non aver investito nell'introduzione di strumenti dedicati – Shari'ah compliant – e a non aver avviato i necessari processi di adeguamento legislativo.

Il ritardo dell'Italia rispetto al resto dell'Europa è uno dei temi in discussione oggi al Forum Abi sull'internazionalizzazione, dedicato alla finanza islamica e alle opportunità offerte da questo mercato in continua espansione, come rilevato anche da Banca d'Italia. Secondo gli esperti di Deloitte, la crescita di questo tipo di asset è stata del 28,6% nelle top 300-500 banche islamiche negli ultimi dieci anni.

L'offerta dai paesi occidentali risulta ancora inadeguata – in Italia nulla – quando misurata con il surplus di liquidità dei paesi musulmani. Alberto Liotta, director financial services industry di Deloitte consulting, è convinto che l'Italia possa entrare in questo mercato con prodotti di finanza islamica per la clientela bancaria al dettaglio (mutui per l'acquisto prima casa o speciali conti correnti), e strumenti per gli investitori istituzionali (obbligazioni sukuk per finanziare progetti su energia, utilities infrastrutture). Secondo Deloitte, il bacino potenziale dei portafogli islamici in Italia potrebbe raggiungere i 4,5 miliardi di euro per il 2015, con ricavi potenziali per l'Islamic banking per oltre 170 milioni.

Il termine Shari'ah compliant è sicuramente impegnativo, soprattutto se si parte dal punto di vista prevalente in occidente che è quello della finanza fatta di carta. La finanza islamica è diametralmente opposta alla finanza cartolare: vige l'obbligo di preservare un collegamento strettissimo e indissolubile tra strumento finanziario ed economia reale e gli eccessi della speculazione sono banditi sul nascere. Si tratta spesso di ibridi tra bond ed equity.

a struttura e la documentazione di un prodotto Shari'ah compliant deve contenere uno schema di partecipazione ad utili e perdite da parte dell'investitore e quindi la condivisione dei rischi; la presenza nelle banche di uno Shari'ah board per garantire il rispetto delle leggi coraniche; la segregazione degli asset islamici da altri tipi di attivi.

Per l'Italia, questo è un capitolo del tutto nuovo: agli atti risulta solo il collocamento del 2006 di un fondo islamico di Bnp Paribas, tramite Bnl, e uno studio avviato da Generali con Qatar Islamic Bank per il lancio di un'assicurazione islamica "takaful". Tra i paesi europei, l'unico completamente adeguato alla finanza islamica è il Regno Unito, rileva Liotta, l'unico ad aver consentito l'attività di banche islamiche con leggi ad hoc. E corre voce che il Tesoro inglese abbia l'intenzione di emettere uno speciale titolo di stato Shari'ah compliant.

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