Il premier non nasconde il proprio disappunto dopo le parole del presidente della Camera riportate da Repubblica. "Si sente già fuori dal partito ma non sa dove andare né con chi". E aggiunge: "Io vado avanti e sono pronto anche alla conta interna". Poi una nota di Palazzo Chigi: "Commenti mai pronunciati"
ROMA - Fini si commenta da solo, si sente già fuori dal partito, ma non sa dove andare né con chi. "Io vado avanti e sono pronto anche alla conta interna". Come riferisce l'agenzia Ansa, Silvio Berlusconi non nasconde una pesante irritazione per le parole usate dal presidente della Camera Gianfranco Fini e riportate da Repubblica 1. Nessun commento ufficiale alle dichiarazioni del leader di An, ma con i suoi interlocutori il premier non risparmia le critiche: farà la fine di Rutelli, avrebbe detto il Cavaliere. A stretto giro, la smentita di Palazzo Chigi: "Ancora una volta un'agenzia di stampa attribuisce al presidente Berlusconi commenti su personaggi e fatti politici che non sono stati mai pronunciati", si legge in una nota della presidenza del Consiglio.
Se non è propriamente uno "show down", quella che si apre domani per il Pdl e il governo è una settimana cruciale. Vengono al pettine i nodi che si sono intrecciati nei giorni recenti - dalla discussione sul ddl intercettazioni ai destini del neoministro Brancher - e, sullo sfondo, si alza il tono del confronto tra Fini e Berlusconi.
Il presidente della Camera, come riportato da Repubblica, ha ribadito di non aver alcuna intenzione di cedere alle minacce, specie per quel che riguarda il ddl sulle intercettazioni. E ai suoi ha dato la linea: "Nei prossimi quindici giorni ne vedremo delle belle - ha detto - non ho nessuna intenzione di andarmene dal partito che ho fondato, e che è anche il mio. La vedo un po' complicata se mi cacciano e resto presidente della Camera, non credo che il governo ne avrebbe una gran convenienza". La legge bavaglio entro l'estate? "E' impensabile - ribadisce Fini - mi sembra solo un puntiglio contro di me".
Berlusconi su un punto però si dice - polemicamente - d'accordo con il cofondatore del Pdl. E cioè che nei prossimi giorni se ne vedranno delle belle. Ecco perché il fine settimana del premier è servito a gettare le basi per la strategia dei prossimi giorni che si preannunciano intensi. Il banco di prova dove misurare la tenuta del Pdl sarà già il voto di giovedì sulla mozione di sfiducia proposta da Pd e Idv contro il ministro del Decentramento Aldo Brancher.
Il premier è pronto ad andare alla conta. Vediamo cosa accadrà in Aula - avrebbe detto il premier a più di qualche dirigente del Pdl - io sono convinto di avere i numeri per andare avanti e portare a termine gli obiettivi fissati l'agenda del governo. In caso contrario, avrebbe ricordato il Cavaliere, la parola passerà al Capo dello Stato e sarà Napolitano a decidere se ridare la parola agli elettori o dar vita a un governo - avrebbe concluso il presidente del Consiglio - non voluto dagli italiani.
E a chiedere al governo, considerato in affanno, di farsi da parte "perché in questo momento di crisi l'Italia ha bisogno di essere governata" è stato il numero due del Pd, Enrico Letta. Che in un'intervista a Sky Tg242 ha detto che "se questo esecutivo non è in grado di governare, la palla passi al Capo dello Stato che, con la sua saggezza, troverà una soluzione". Ieri da Milano era stato il segretario del partito Pierluigi Bersani a invocare per l'esecutivo "soluzioni politiche diverse".
Il Pd aumenta il pressing convinto che le fibrillazioni in atto nella maggioranza siano destinate solo ad aggravarsi. La linea dei democratici non è lontana da quella dell'Udc che con Pier Ferdinando Casini,intervistato da Repubblica 3, torna a chiedere un governo di "larghe intese" e a respinge ("Non mi farò usare") i pressanti inviti del Pdl a rientrare nello schieramento di centrodestra.
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