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10 mag 2010

Vertice Ecofin: varato lo scudo salva-euro da 750 miliardi

DARLING GELA L'ECOFIN: NON AIUTEREMO. LE CONSULTAZIONI CON I TORY

Il gran rifiuto di Londra: cavatevela da soli

LONDRA — Appena un anno fa il commissario europeo Joaquin Almunia prevedeva: «La Gran Bretagna potrebbe entrare nell'euro». Non essendo uno sprovveduto parlava sapendo che in certi ambienti londinesi l'idea di celebrare questo matrimonio valutario non dispiaceva. Chi invece di dubbi ne ha sempre avuti, pur essendo un convinto europeista, è Gordon Brown. Fu proprio lui, quando aveva la responsabilità delle finanze, a convincere Tony Blair che abbandonare la sterlina al suo destino sarebbe stato un errore o quanto meno un passo prematuro.

E quando glielo chiedono, ancora adesso, Gordon Brown risponde sbrigativamente: «La decisione di non fare parte dell'area-euro è stata giusta sia per la Gran Bretagna sia per l'Europa». È vero che la sterlina negli ultimi due anni è andata in picchiata vertiginosa. Ed è vero che la sterlina si è vista mettere sotto assedio da parte di alcuni grandi «hedge fund». Però non tutte le svalutazione vengono per nuocere. Anzi. 
Alistair Darling, che è il Cancelliere dello Scacchiere, ne è convintissimo: «Il deprezzamento per certi versi ci ha aiutato durante la crisi».

Partendo da questi presupposti (il freddo entusiasmo del governo britannico verso l'euro) e aggiungendo che in questi giorni a Londra non vi è un primo ministro in grado di condividere accordi a livello europeo è facile capire come apparisse fantasioso pensare che il Regno Unito potesse aderire al fondo anticrisi in discussione all'Ecofin. Le dichiarazioni del ministro delle Finanze, Alistair Darling, hanno seppellito le illusioni. Intervistato da Sky ha detto: «Credo che sia importante per noi fare tutto il possibile per stabilizzare i mercati ma voglio essere chiaro: se c'è una proposta di creare un fondo di stabilizzazione per l'euro deve essere di pertinenza dei Paesi dell'area-euro». 
C'era forse da attendersi il via libera di Londra? Il quadro politico nel Regno Unito di questi giorni è tale da impedire all'esecutivo qualsiasi atto che sia fuori dall'ordinaria amministrazione. Lo richiede la prassi costituzionale nei momenti di transizione: il premier uscente resta in carica per gli affari correnti, specificatamente indicati. Per tutto ciò che va aldilà, prima di procedere, ha il dovere o di astenersi o di consultarsi anche con le opposizioni.

L'Europa è un tema delicato sul quale laburisti, conservatori e liberal democratici hanno duramente polemizzato in campagna elettorale. Ora che dal voto non è uscita una maggioranza sicura e che conservatori e liberal democratici stanno esplorando l'ipotesi di un «new deal» per formare un nuovo governo, Gordon Brown non aveva i poteri per assumersi la responsabilità di aderire a un fondo europeo. Avrebbe potuto soltanto con l'assenso di David Cameron e di Nick Clegg. Ecco perché, sabato, il suo ministro delle Finanze, Alistair Darling, ha consultato i «ministri ombra» delle finanze sia dei conservatori sia dei liberal democratici, per portare a Bruxelles una posizione condivisa.

Il no inglese è dunque dettato da contingenti ragioni di carattere costituzionale. Ma anche da fondate considerazioni politiche: dando l'assenso al fondo anticrisi, Gordon Brown si sarebbe esposto al fuoco incrociato delle critiche. Così facendo ha però proiettato l'immagine di un esecutivo che già parla il linguaggio dei conservatori. Ieri l'Observer ha pubblicato un memorandum segreto di William Hague, il futuro ministro degli Esteri nel caso in cui i Tory dovessero insediarsi a Downing Street. Si tratta di una «bozza di lettera» a David Cameron in cui Hague illustra quello che dovrebbe essere il suo messaggio all'Europa, in qualità di eventuale numero uno al Foreign Office. Recita così: «Le relazioni della Gran Bretagna con l'Europa sono cambiate con la nostra elezione, siamo fermamente contrari ad ogni ulteriore integrazione».


Sarà solo un caso ma le dichiarazioni del laburista Alistair Darling (sostanzialmente ciò che riguarda l'euro non riguarda noi) sembrano l'eco di altre voci londinesi, quelle di chi sta per sostituire i laburisti al governo. 

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