E' l'ex tuttofare di Anemone. Tra i nomi fatti quello di Lunardi. Fu lui
a portare i soldi a Zampolini per l'acquisto della casa con vista sul Colosseo
C'è un uomo che ha cominciato a raccontare i segreti del "sistema Anemone" e che ora, se possibile, trascina ancora più a fondo Claudio Scajola. In attesa che altri lo seguano. È l'uomo che, nel luglio 2004, consegna all'architetto Angelo Zampolini parte della provvista in contanti messa a disposizione dal costruttore Diego Anemone per l'acquisto della casa del ministro per lo Sviluppo Economico. E che, il 25 marzo scorso, ascoltato dai pm di Firenze, dice di sé e del mestiere nero che ha fatto per 15 anni: "Per conto di Diego Anemone e Angelo Balducci ho avuto, nel tempo, rapporti con soggetti importanti, alcuni dei quali ministri. A loro, per conto di Anemone e Balducci, consegnavo messaggi e buste". Di quei ministri - per quel che Repubblica ha potuto verificare - fa per certo un nome: Pietro Lunardi, già responsabile delle Infrastrutture nel primo governo Berlusconi.
L'uomo è un cittadino tunisino e ha sposato un'italiana. Si chiama Laid Ben Fathi Hidri. La sua storia si affaccia un paio di mesi fa, con due lettere anonime (riprodotte in queste pagine), scritte in un corsivo rotondo, incerte nell'italiano. Una indirizzata a Repubblica, l'altra alla Procura di Firenze. Il mittente dice di essere un amico fraterno di Fathi. Tunisino come lui. E di Fathi racconta la vita difficile. Spiega che chi vuole arrivare al cuore dei segreti di Anemone e Balducci deve trovarlo e convincerlo a parlare. I carabinieri del Ros di Firenze lo individuano l'ultima settimana di marzo e lo accompagnano in Procura. Fathi è spaventato. "Convincerlo a raccontare è stato come cavare il dente di un elefante", riferisce una fonte inquirente. Il tunisino comincia dall'inizio.
Fathi, un omone che supera il quintale, conosce Angelo Balducci a Roma, nel 1990. Lo incontra in un'agenzia immobiliare "Toscano" di via Salaria, dove lavora. E' un colpo di fulmine e Fathi si ritrova tuttofare e autista personale di quel funzionario pubblico già potente, perché Provveditore delle Opere pubbliche del Lazio. Per dieci anni, i due sono inseparabili. "A Fathi non sembra vero", chiosa l'amico nella lettera a Repubblica. Comincia a guadagnare bene, anche perché il suo stipendio - come annotano a verbale i pm di Firenze - "viene retribuito da imprese che lavorano negli appalti concessi da Balducci". Nel 2000, l'incontro con Diego Anemone, che gli viene presentato da Balducci. "I due sembravano essere in società", spiega Fathi ai pm. E i due gli fanno fare il salto definitivo. Scrive il suo amico a Repubblica: "Fathi diventa l'uomo di fiducia e il referente di tutti i contatti politici, di destra e di sinistra, per la distribuzione di tangenti. Compresi cardinali e prelati". "Ha accesso alle agende personali di Anemone con migliaia di telefoni riservati". E' un fatto - lo accerta il Ros di Firenze e ne danno conto sia i pm di Firenze che quelli di Perugia - che Fathi ha delega a operare su alcuni conti bancari di Anemone, a cominciare da quelli della filiale della "Banca Marche" di via Romagna, dove la "cricca" ha uno dei suoi forzieri. Il suo lavoro è semplice. Lo spallone. Quando Anemone lo chiede, va in banca, preleva contante e lo consegna a chi gli viene indicato. Sono le famose "buste" di cui si dà atto nell'interrogatorio di Firenze. Con questo lavoro, Fathi sostiene di aver conosciuto ministri. Per dirne uno, Pietro Lunardi, allora alle Infrastrutture, che ha spesso incarico di raggiungere attraverso la figlia. Quello stesso Lunardi per il quale - come documentano le intercettazioni della Procura di Firenze - la "cricca" si sbatte per risolvere grane alla Corte dei Conti e a cui Anemone ristruttura la cascina di campagna.
È certo che, nel luglio 2004, è Fathi a consegnare in Largo Argentina 500 mila euro all'architetto Zampolini. Il tunisino ha prelevato quel denaro in una prima banca, per poi cambiarlo in banconote di grosso taglio in un secondo istituto, in via Monteleone. Fathi e Zampolini si conoscono ("Zampolini faceva operazioni immobiliari per conto di Balducci e Anemone con intestazione ad altre persone", racconta Fathi ai magistrati). E, come confermerà lo stesso architetto ai pm di Perugia, non è la prima volta che si incontrano ("Il contante di Anemone che dovevo cambiare in assegni circolari - riferisce Zampolini durante il suo interrogatorio - mi veniva normalmente consegnato dalla sua segretaria, dai suoi autisti, o da tale Fathi"). Sappiamo ormai a cosa serviranno quei 500 mila euro. Finiranno alla Deutsche bank di Largo Argentina dove, insieme ad altri 400 mila saranno trasformati nei famosi 80 assegni per casa Scajola, come lo stesso Zampolini spiega a Fathi.
Per il tunisino è uno degli ultimi servizi. Nell'ottobre 2004, rompe con Balducci e Anemone. Gli hanno promesso che lo faranno direttore del "Salaria Sport village" (il centro massaggi di Anemone frequentato da Bertolaso), ma poi lo scaricano. Lui, allora, alleggerisce di 200 mila euro uno dei conti di Anemone e scappa in Tunisia. Balducci e Anemone non lo denunciano e lo cercano due anni, fino a quando non lo ritrovano in Italia. Balducci gli promette una nuova vita in Tunisia a occuparsi di ville e ristorazione. Anemone, al contrario, lo trascina in tribunale, dove Fathi patteggia una pena per "appropriazione indebita". Ormai è irriconoscibile. Non arriva a 70 chili e si arrangia come può. Fino al giorno in cui, alla sua porta, non bussano i carabinieri del Ros e il suo passato.
Nessun commento:
Posta un commento