Moratti: "Clandestini senza lavoro delinquono"
E Maroni avverte: "In Italia rischio banlieue"
Il sindaco di Milano interviene a un convegno all'Università Cattolica intitolato "Per un'integrazione possibile": "Il reato di clandestinità va assorbito in altre fattispecie di reato". Diffuso uno studio del Viminale sulle possibili tensioni nelle città
MILANO - "I clandestini che non hanno un lavoro regolare normalmente delinquono". Lo ha affermato il sindaco di Milano, Letizia Moratti, intervenendo al convegno all'Università Cattolica "Per un'integrazione possibile". "La clandestinità è un reato - ha detto - un clandestino colto in flagranza non può essere esplulso se ha altri processi in corso. Per rendere efficace il reato di clandestinità occorre assorbirlo in altre fattispecie di reato" così si rende effettiva l'espulsione. Letizia Moratti ha fatto anche un accenno al caso di Via Padova, quartiere multietnico infiammato da una sommossa di immigrati: "Casi come via Padova - ha affermato - a Milano ci sono e ci possono essere anche in altre situazioni".
Il sindaco di Milano, poi, ha sottolineato che le politiche del Comune in merito all'integrazione sono basate sul principio dell'accoglienza nella legalità e nel rispetto delle leggi. "Noi sosteniamo - ha detto - tutti gli stranieri regolari che intendono avviare percorsi di integrazione".
Ai giornalisti che al termine del suo intervento hanno chiesto chiarimenti, la Moratti ha risposto: "Io non ho detto che chi è clandestino è criminale - ha precisato - ho fatto presente che il Comune di Milano sta portando avanti una politica fatta di assistenza, solidarietà, integrazione, con tantissimi fondi dedicati a questo percorso di sostegno e aiuto a chi nel nostro Paese ha scelto di vivere in maniera regolare".
Anche a Roberto Maroni, presente al convegno, è stato chiesto un commento alle parole del sindaco, ma per il ministro dell'Interno non c'è stata nessuna equazione clandestini-criminali: "Non ha detto questo, ha detto un'altra cosa. Mi pare che non sia propriamente questa equazione".
Nelle città italiane, secondo una ricerca condotta dall'università Cattolica su commissione del ministero dell'Interno, potrebbero avvenire disordini simili a quelli che si sono verificati nelle banlieue parigine qualche anno fa. La ricerca, come ha spiegato il ministro Roberto Maroni, dice "chiaramente che ci sono dei rischi anche nelle nostre città che avvenga ciò che è avvenuto nelle banlieue parigine. È per questo che è importante avere effettuato questa ricerca. È utile perché dà dei suggerimenti su cosa fare per prevenire questi rischi".
Su questo importante argomento, il ministro ha rivolto un appello all'Anci affinché partecipi all'asse università-ministero. Le azioni per prevenire i rischi "coinvolgono il governo - ha aggiunto Maroni - il ministero dell'Interno e soprattutto il mondo delle autonomie locali. Per questo ho proposto di continuare questa collaborazione tra ministero e Università Cattolica e di aprirla alla partecipazione dell'Anci. Se ciò avverrà, mettendo assieme gli sforzi di tutti, credo che riusciremo a definire un modello di intervento italiano di eccellenza nella gestione dei processi di integrazione dei cittadini stranieri".
Il coinvolgimento degli enti locali, infatti, è fondamentale in quanto sono loro ad avere poteri di intervento contro il degrado e lo sfruttamento. I sindaci, per esempio, hanno il potere di confiscare gli appartamenti locali senza contratto. Come ha sottolineato Maroni, non ci può essere sicurezza senza integrazione e viceversa. "Si tratta di un binomio inscindibile - ha precisato - che però deve vedere l'azione congiunta del ministero dell'Interno, delle forze dell'ordine e di chi ha il compito di investire nelle politiche sociali, cioè il mondo delle autonomie".
Al convegno presso l'Università Cattolica era atteso anche il sindaco di Torino e presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, che però è stato impossibilitato a partecipare. Al suo posto era presente l'assessore delegato.
Poi, Maroni ha fatto un riferimento a una recente ricerca di un'università di Milano dalla quale emerge che la città che viene percepita come quella che integra meglio gli stranieri è Verona: "A Verona il rigore contro l'immigrazione clandestina è massimo - ha detto il ministro -. Rispetto delle regole e rigore significa anche possibilità di integrare meglio".
Infine, il ministro dell'Interno ha insistito sull'importanza di mettere sotto la lente di ingrandimento le iniziative di integrazione effettuate dal ministero, che ha a disposizione 500 milioni di euro per finanziare questo tipo di progetti.
Sulla necessità di mettere in atto progetti per l'integrazione ha concentrato l'attenzione anche il presidente del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, monsignor Antonio Maria Vegliò: "In un Paese come l'Italia, che ormai conta un buon numero di immigrati e si confronta con una forte pressione immigratoria - ha detto - è sempre più urgente l'attuazione di progetti per l'integrazione". "I tristi fatti di via Padova, così come altre vicende, accadute in Italia negli ultimi mesi - ha aggiunto il prelato - pongono grandi interrogativi sulla gestione dell'immigrazione in zone periferiche già a rischio". L'esponente vaticano ha anche sottolineato l'importanza della scuola che "deve partecipare alla ricerca di soluzione dei problemi umani più urgenti e, dunque, è importante investire nella ricerca e nell'insegnamento sui temi riguardanti, per esempio, la democrazia, i diritti umani, la pace, l'ambiente, la cooperazione e la comprensione internazionale, la lotta alla povertà, il dialogo interreligioso e tutte le questioni connesse allo sviluppo sostenibile". "Ma - ha proseguito Vegliò - sono importanti anche nuovi investimenti sul tema della cittadinanza e della partecipazione, sulla preparazione di educatori, sulla mediazione culturale e su quella sociale. Vi è necessità di una nuova politica fiscale, della casa, dell'accompagnamento e della sicurezza sociale, della tutela della salute e della vita di tutti".
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