I vescovi aprono al federalismo
Ma bocciano quello fiscale: «Fallirà»
Per la Cei il sistema fiscale così come è stato concepito fino ad ora rischia di moltiplicare il centralismo
Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente Cei (Ansa) |
«SI MEDITI SU DUALISMI E DIFFERENZE» - Nel documento sul Mezzogiorno di febbraio, ha sottolineato Miglio, sono state già individuate alcune caratteristiche che il federalismo, compreso quello fiscale, deve avere perché il Paese «possa continuare a essere solidale». «Abbiamo a che fare - si legge nel documento preparatorio - con politiche di riforma caratterizzate da elementi di incertezza a metà strada tra un funzionale compromesso fra principi di uguale valore e la produzione di decisioni-manifesto, spendibili sul piano del consenso ma fragili sul piano dell'architettura istituzionale e del tasso reale di innovazione». Perciò, aggiunge il testo, è «opportuno» meditare su «dualismi e differenze territoriali del Paese» evitando «effetti perversi» quali «il federalismo da abbandono».
I TEMI - Più in generale i vescovi italiani si dicono disponibile a contribuire al «delicato e importante» tema delle «riforme istituzionali». E in vista della 46esima «Settimana sociale» suggeriscono d «spostare la pressione fiscale dal lavoro e dagli investimenti alle rendite» per «ridistribuirla orizzontalmente». Non manca nel documento Cei un riferimento al tema dell'immigrazione. «Il riconoscimento della cittadinanza da parte dello Stato italiano è solo una condizione, certo necessaria ma non sufficiente, per una piena interazione/integrazione delle seconde generazioni nella società italiana - scrivono i vescovi -. Riconoscere e far rispettare i diritti dei figli dell'immigrazione è infatti una responsabilità collettiva che investe tutte le istituzioni e tutti gli individui».
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