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23 apr 2010

Obama "Wall Street fermi i suoi lobbisti"




Barack ai banchieri: "Cambiare il sistema per evitare nuove crisi, dovete aiutarci a fare la riforma"

Wall Street Barack Obama sbarca a Wall Street e chiede alle banche di condividere la riforma del sistema finanziario «necessaria per scongiurare nuove crisi».

Quando arriva nella sala della Cooper Union di Lower Manhattan, un luogo che evoca l’eredità di Abramo Lincoln, il presidente sa di avere di fronte un parterre di 700 manager in gran parte scettico sulla riforma varata dalla Camera e in discussione al Senato di Washington. La scelta di venire qui nasce dalla volontà di affrontare di persona critiche e avversari. Obama lo fa subito: «I testi di legge rappresentano miglioramenti importanti nonostante i furiosi tentativi di ostacolarli da parte di lobbisti, molti dei quali sono sicuro lavorano per voi». Da qui l’appello: «Anziché battervi contro di noi, unitevi a noi nell’interesse della nazione». E’ il tentativo di spingere i banchieri a rompere il patto d’azione con l’opposizione repubblicana a Washington e per riuscirci Obama spiega nel dettaglio il valore dei quattro pilastri della riforma.

Primo: «Proteggere il sistema dal rischio di nuove crisi» e scongiurare la caduta delle «banche troppo grandi per fallire» applicando la «norma Volcker» - dal nome dell’ex presidente della Federal Reserve Paul Volcker - sulla «limitazione delle dimensioni delle banche e dei rischi che possono assumersi».

Secondo: «Più trasparenza sui mercati» regolando, e non abolendo, l’uso dei derivati che innescarono la crisi dei subprime fino al punto da essere definiti dal guru Warren Buffett «armi finanziarie di distruzione di massa».

Terzo: «Mettere in atto la massima protezione dei consumatori finanziari» facendo nascere un’Agenzia che «farà rispettare le regole e garantirà il flusso delle informazioni» per chiunque Quarto: «Assegnare più potere agli azionisti» su salari e bonus dei top manager per evitare che si trasformino nei «perversi incentivi che hanno contribuito alla crisi».

E’ questa la piattaforma che Obama propone alla comunità degli affari per accompagnare la ripresa di un’economia che «è tornata a crescere con il più rapido rovesciamento di tendenza degli ultimi 30 anni». Ma affinché ciò possa avvenire le banche devono fermare i «battaglioni di lobbisti dell’industria finanziaria che arrivano a Capitol Hill e ricevono milioni di dollari per influenzare l’esito dei dibattiti in aula diffondendo informazioni errate» e fomentando «il cinismo della politica».

La richiesta di bloccare l’offensiva dei lobbisti non avrebbe potuto essere più esplicita e per convincere gli avversari Obama rigetta le accuse di statalismo: «Credo nel libero mercato». E poi cita un articolo pubblicato dalla rivista «Time» nel 1933 sul timore che c’era a Wall Street sulle riforme di Franklin Delano Roosevelt per suggerire che era infondato come quello che circonda oggi le sue proposte.

Il parterre ha reagito alla mano tesa senza troppo calore. I nomi più in vista di Wall Street - da Morgan Stanley a Bank of American fino a Citigroup e Goldman Sachs - hanno disertato l’evento facendo presente che l’invito era stato esteso «con poco preavviso», gli applausi si sono contati sulle dita di una mano e perfino due alleati newyorkesi del presidente come il sindaco Michael Bloomberg e il senatore democratico Chuck Schumer hanno mostrato distacco.

Il timore di Wall Street è che la riforma blocchi sul nascere la ripresa, immobilizzandone il motore finanziario. E’ questa la cornice nella quale Obama è tornato in serata a Washington per un incontro nello Studio Ovale con il ministro del Tesoro Timothy Geithner al fine di studiare assieme le prossime mosse della battaglia a Capitol Hill. Da dove è arrivata una notizia positiva con l’approvazione da parte della commissione Agricoltura del Senato di limiti all’uso dei derivati più rigidi di quelli proposti dall’Amministrazione.

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