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16 apr 2010

Fini: scontro con Berlusconi su riforme e alleanze

SCHIFANI: «QUANDO UNA MAGGIORANZA SI DIVIDE NON RESTA CHE DARE LA PAROLA AGLI ELETTORI»

Pdl, alta tensione tra Fini e Berlusconi
«Ho parlato chiaro, attendo valutazioni»

Prima l'ipotesi di gruppi autonomi da parte del presidente della Camera. Poi la nota: «Pdl va rafforzato»

Silvio Berlusconi (Ansa)
Silvio Berlusconi (Ansa)
MILANO
- Alta tensione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. I due, che hanno pranzato insieme a Montecitorio, incontrandosi per la prima volta dalle giornate elettorali, sarebbero stati protagonisti di un colloquio molto teso. Le indiscrezioni sull'incontro parlavano inizialmente di toni di rottura tra i due fondatori del Pdl. Ricostruzioni, però, parzialmente smentite da note ufficiali e segnali distensivi lanciati da entrambe le parti. Ma che non avrebbero tanto convinto gli ex di Forza Italia, visto che, in serata, il presidente del Senato Renato Schifani si lascia andare ad una dichiarazione inequivocabile: «Quando una maggioranza si divide non resta che dare la parola agli elettori». Secca la replica del ministro per le Politiche Europee, Andrea Ronchi: «Il presidente del Senato dovrebbe sapere che si va a votare quando non esiste più una maggioranza che sostiene il governo». Ma gli stessi coordinatori del Pdl, dopo il vertice con il premier a Palazzo Grazioli, definiscono «incomprensibile» l'atteggiamento di Fini.

IL CONFRONTO - Eppure era stato lo stesso presidente della Camera, dopo il colloquio con Berlusconi, a cercare di smorzare i toni diffondendo una nota: «Berlusconi deve governare fino al termine della legislatura perché così hanno voluto gli italiani. Il Pdl, che ho contribuito a fondare, è lo strumento essenziale perché ciò avvenga. Pertanto il Pdl va rafforzato, non certo indebolito. Ciò significa scelte organizzative ma soprattutto ciò presuppone che il Pdl abbia piena coscienza di essere un grande partito nazionale». Per il presidente della Camera il premier «ha il diritto di esaminare la situazione ed io avverto il dovere di attendere serenamente le sue valutazioni». Una nota, quella del leader di Montecitorio, arrivata però dopo una serie di indiscrezioni sul tenore del vertice con il Cavaliere. Il presidente della Camera avrebbe minacciato, secondo quanto viene riferito da alcune fonti della maggioranza, l'ipotesi di creare in Parlamento gruppi autonomi dal Pdl. Una ipotesi rilanciata dal finiano Italo Bocchino: «I gruppi autonomi possono esserci nel caso in cui arrivassero risposte negative ai problemi posti. Non è possibile che il co-fondatore e co-leader del Pdl apprenda per ultimo della bozza delle riforme. Una bozza presentata in una cena tra canzoni e festeggiamenti per il figlio di Bossi e per Cota». Una eventuale crisi di governo è però «da escludere categoricamente» secondo Bocchino. Berlusconi dal canto suo avrebbe invitato il leader di Montecitorio a pensare bene a tale eventualità, valutando il fatto che la scelta di gruppi autonomi comporterebbe la necessità di rinunciare al ruolo di presidente della Camera, che ora Fini ricopre anche in virtù del fatto di essere espressione del partito di maggioranza relativa della coalizione. Altre fonti della maggioranza riferiscono tuttavia che il presidente Berlusconi non ha mai invitato il presidente Fini a lasciare la presidenza della Camera.

ULTIMATUM E PAUSA DI RIFLESSIONE - Sempre secondo fonti di maggioranza, Fini avrebbe accusato il capo del governo e il Pdl di andare a traino della Lega, chiedendo esplicitamente a Berlusconi di scegliere in modo chiaro se continuare a costruire il Pdl con lui o preferirgli il rapporto con Umberto Bossi. A questo punto il premier - riferiscono le stesse fonti - avrebbe chiesto 48 ore di riflessione. Secondo quanto riferito alla Reuters da una fonte vicina agli ex An, l'incontro tra il Cavaliere e Fini è stato «tumultuoso». Secondo altre fonti invece «non c'è stato alcun ultimatum del presidente Fini al premier Berlusconi.

L'INIZIALE CAUTELA - Le indiscrezioni e le note sul pranzo di lavoro tra premier e presidente della Camera sono arrivati dopo l'iniziale cautela mostrata a riguardo da entrambi i leader del Pdl. «Ho mangiato benissimo» aveva detto sorridendo il capo del governo lasciando gli appartamenti del presidente della Camera e salutando i giornalisti in attesa. «Come è andato l'incontro?» gli era stato chiesto. «Giornalisti birichini. Non mi pronuncio», si era limitato a rispondere il premier. Poi, al termine di una breve passeggiata per via del Babbuino, nel centro di Roma, incalzato ancora dai cronisti sul pranzo di lavoro con Fini, il Cavaliere aveva anche spiegato: «Ma io... fatevelo dire dagli altri. Sapete che sono riservato...».

PRONTI NUOVI GRUPPI - Indiscrezioni a parte, a Montecitorio c'è stato addirittura un incontro dei deputati vicini al presidente della Camera per valutare proprio l’ipotesi di costituire un gruppo autonomo dal Popolo della Libertà. Una possibilità già sul tappeto prima del vertice tra i due leader ma che ha subìto un’accelerazione durante l’incontro tra i due. «Tu ci stai?». Il presidente della Camera, i suoi deputati più fedeli e il suo staff avrebbero contattato in queste ultime ore diversi deputati che potrebbero aderire al progetto di gruppi autonomi, dopo il nuovo strappo con Berlusconi. Un'ipotesi è che il gruppo potrebbe chiamarsi Pdl-Italia, riferiscono alcune fonti vicine all'ex leader di An. Secondo le stesse fonti i deputati che ci starebbero sono circa 50, 18 invece i senatori.

IL VERTICE - In serata, nel frattempo, Berlusconi ha riunito a Palazzo Grazioli i coordinatori nazionali del partito Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi. Coordinatori che poi hanno rilasciato una dichiarazione congiunta: «Le recenti elezioni regionali e amministrative hanno riconfermato la validità politica della decisione di dar vita al Pdl, un traguardo storico irreversibile. Gli italiani, dimostrando anche in questa occasione maturità e intelligenza, hanno premiato l'azione del governo e creato le migliori condizioni per proseguire sulla strada delle riforme che abbiamo intrapreso e dell'ulteriore rafforzamento del nostro partito. Da queste inoppugnabili considerazioni nasce la nostra profonda amarezza per l'atteggiamento di Gianfranco Fini che appare sempre più incomprensibile rispetto ad un progetto politico comune per il quale abbiamo lavorato concordemente in questi ultimi anni, un progetto di importanza storica che gode di un consenso maggioritario nel popolo italiano».

BERSANI E DI PIETRO - «Credo che il centrodestra abbia più problemi di quello che racconta, anche dal punto di vista delle riforme» è il laconico commento del segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che attacca il presidente del Consiglio: «La presidenza della Camera non mi pare sia nella disponibilità di Berlusconi. Sarebbe meglio se Berlusconi fosse più prudente». Duro Antonio Di Pietro «Per il bene del Paese prima ci liberiamo del sistema piduista, che sta portando avanti Berlusconi nel governare non solo il Paese, ma anche nel guidare il Parlamento, meglio . Mi fa piacere che lo abbia capito anche Fini e mi auguro che la prossima volta lo capiscano anche gli italiani» ha detto l'ex pm.

BOSSI - Ha sminuito la portata dell'incontro invece il leader della Lega Umberto Bossi. Ai cronisti che a Montecitorio gli chiedevano cosa pensasse dell'incontro aveva detto: «Il vertice c'è già stato a Palazzo Chigi». «Io al pranzo Fini-Berlusconi? No, sarei il terzo incomodo» aveva anche aggiunto il numero uno del Carroccio.


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