Barack Obama firma nella East Room la legge sulla riforma della Sanità parlando di «inizio di una nuova era» e i repubblicani rispondono con l’offensiva legale di 13 Stati che denunciano il governo federale per aver compiuto «un atto anticostituzionale».
Quando Obama e il vice Joe Biden entrano nella East Room della Casa Bianca, ad accoglierli sono le grida di gioia di un folla di circa 300 fra deputati, senatori, stretti collaboratori e alti funzionari, che si sono battuti senza risparmio per la riforma. Il canto ritmato è quello delle marce di Martin Luther King fatto proprio dalla campagna presidenziale del 2008, con una voce che dice «Fire Up?» e il coro di risposta «Ready to Go!» che incarna la mobilitazione collettiva. «Questa è una sala felice» esordisce Biden, parlando di una «giornata storica resa possibile da Barack Obama, che è riuscito lì dove in molti avevano fallito». Il volto di Obama tradisce la soddisfazione del momento e la fatica accumulata: «Siamo all’inizio di una nuova era, grazie alla riforma avanzano i sogni di tutti in una nazione come la nostra, che è fra le più diverse come composizione».
Nell’aula c’è un’emozione in crescendo. La leader della Camera Nancy Pelosi prende per mano Harry Reid, capo dei senatori. Patrick Kennedy, figlio di Ted, abbraccia la madre Vicky. Chuck Schumer, senatore di New York, non riesce a frenare le lacrime. David Axelrod le trattiene, guardando a terra. E’ il momento della firma. Il presidente ricorda due persone che non ci sono più: «Firmo per mia madre che, malata di tumore, lottò fino ai suoi ultimi giorni contro le assicurazioni sanitarie». E poi: «In questa sala parlai con Ted Kennedy di ciò che oggi si avvera, lui adesso è qui con noi».
Affiancato da Biden - che nell’emozione si lascia sfuggire un «This is a big fucking deal!», un affare fottutamente importante - Obama si siede al piccolo tavolo di legno con il ripiano di stoffa verde e firma la legge che destina nei prossimi 10 anni 938 miliardi ad assicurare 32 milioni di americani privi di ogni copertura. Il presidente adopera 20 diverse penne: 19 finiscono nelle mani di altrettanti leader del Congresso protagonisti della vittoria legislativa, l’ultima la tiene per sé.
Finisce la battaglia per approvare la legge e inizia quella per farla condividere agli americani che andranno alle urne in novembre per rinnovare il Congresso. Domani a Iowa City Obama parlerà lanciando la campagna elettorale dallo stesso luogo dove nel maggio 2007 svelò l’intenzione di varare la riforma. A dare fiducia alla Casa Bianca sono i nuovi sondaggi che suggeriscono un’inversione di tendenza: per Gallup il sostegno alla riforma è balzato al 49% con i contrari dietro di ben 9 punti.
I repubblicani sono in trincea. Ben 13 Stati da loro governati nei minuti seguenti la firma compiono, attraverso i rispettivi procuratori generali, il passo legale di denunciare il governo federale per «violazione della Costituzione». L’offensiva parte dalla Florida, il cui procuratore Bill McCollum spiega: «Il governo non può imporre ai cittadini l’obbligo di un’assicurazione sanitaria» perché è una «limitazione delle libertà non autorizzata dalla Costituzione». I legali della Casa Bianca non si preoccupano più di tanto perché «la legge federale prevale su quella statale» ma politicamente la mobilitazione degli Stati anti-riforma - che potrebbero diventare 37 su 50 - segna l’inizio di un braccio di ferro destinato a continuare fino all’apertura dei seggi in novembre.
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