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4 feb 2010

Standa, addio al marchio della «casa degli italiani»


SUPERMERCATI - DA GARDINI A FININVEST FINO AL GRUPPO DI BILLA
Standa, addio al marchio
della «casa degli italiani»
Il vertice tedesco rimuove le insegne dopo 79 anni


MILANO - Addio «casa degli italiani». Tutti i magazzini Standa entro marzo si chiameranno Billa. Lo ha deciso il gruppo tedesco Rewe che ha rilevato la catena nel 2001. Perché? Secondo i proprietari il vecchio marchio non funziona più, va archiviato: le conversioni già testate nei punti vendita del Nordest dimostrano che i clienti preferiscono il nome estero. Ma con l’insegna se ne vanno ottant’anni di storia del Paese e, soprattutto, vengono consegnate ai soli ricordi le storie di tanti italiani che alla Standa hanno accompagnato i genitori a fare la spesa e hanno «preteso» i primi giocattoli, hanno visto i film girati in quei magazzini e hanno tentato la fortuna con i concorsi organizzati in tv da Rai e Fininvest. Già, era così tanto un pezzo d’Italia che la Standa fin dagli anni Sessanta è stata scelta anche per «ciak» rimasti famosi. In «Nessuno mi può giudicare » (1966) Caterina Caselli e Gino Bramieri recitano per buona parte del film nei magazzini romani di via Cola di Rienzo. Gli stessi nei quali, 25 anni dopo, Renato Pozzetto e Paolo Villaggio girano una parte di «Le Comiche 2». Mentre in uno dei più grandi supermercati del gruppo a Milano, in piazza Cordusio dove oggi c’è Decathlon, nell’83 Renato Pozzetto e Ornella Muti ambientano una «pezzo» di «Un povero ricco». E che dire dei concorsi tv? Negli anni Ottanta il programma del sabato sera, «Fantastico», aumenta l’audience grazie anche al gioco in cui una famiglia italiana vince mezz’ora di tempo per fare la spesa gratis: la location è di solito la Standa di via Dante a Cagliari.

E nel ’90, quando la Standa è di Silvio Berlusconi e lo slogan è appunto «la casa degli italiani », il programma Fininvest «Ok Il prezzo è giusto!» ha per sponsor i magazzini con il concorso «Isola felice Standa». La scomparsa del marchio è comunque l’ultimo capitolo di una storia lunga e travagliata. La Standa viene fondata nel 1931 dall’ex direttore di Upim, Franco Monzino, con il fratello Italo (lo stesso che ha poi costituito il Centro cardiologico) e la sorella Ginia. Il capitale iniziale è di 50mila lire. Il nome è per la verità diverso, Magazzini Standard, ma cambia in Standa (acronimo di Società tutti articoli nazionali dell’abbigliamento) nel ’38 quando Mussolini impone di italianizzare le scritte straniere. Il gruppo cresce dal dopoguerra in poi con la formula del self service. Nel 1966 passa alla Montedison che raddoppia le filiali utilizzando vecchi teatri o locali dismessi. Pochi anni dopo il «corsaro » Raul Gardini la cede alla Fininvest che la rilancia appunto come «la casa degli italiani», lo slogan rimasto in assoluto il più famoso: i successivi «Il valore dei soldi » e «Un mondo che vale» restano più nei portafogli che nell’anima degli italiani.


In questa fase la Standa acquista dai Franchini i Supermercati brianzoli, apre in joint venture i punti vendita Blockbuster, si allea a Giochi Preziosi e inaugura un magazzino anche a Budapest. La svolta si profila negli anni ’90 quando i conti cominciano a segnare rosso e Berlusconi la cede di nuovo divisa in due: la parte tessile a Coin e l’alimentare agli stessi Franchini. Nel 2001 arrivano i tedeschi di Rewe (45 miliardi di fatturato, di cui 2,2 in Italia) che trovano i conti ancora in rosso e avviano un drastico piano di ristrutturazione. Inizialmente promettono di lasciare la vecchia insegna ma l’amministratore delegato Gottard Klingan capisce che l'altro brand di famiglia, Billa, funziona meglio, il piano cambia. Si comincia a sostituire i cartelli delle filiali. Prima in sordina, finché la casa madre annuncia il completo «rebranding». Dice Klingan: «Ripartiamo con il marchio utilizzato a livello internazionale per i supermercati. Standa è troppo "tessile"».

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