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15 feb 2010

Libia: no visti a cittadini Schengen


TRE NOSTRI CONNAZIONALI GIÀ RESPINTI. LA FARNESINA: «NON PARTITE»
Ritorsione contro la Svizzera
La Libia rimpatria gli europei
Tripoli non rilascerà più visti a cittadini dell'aerea Schengen; non saranno ammessi quelli in arrivo





Muammar Gaddafi (Reuters) TRIPOLI - Le autorità libiche hanno fatto sapere che non solo non saranno più rilasciati visti a cittadini provenienti dai Paesi dell'area Schengen, ma che non saranno ammessi sul territorio libico anche coloro che nel frattempo arrivano con un visto Schengen. A quanto si apprende da fonti libiche, il provvedimento è una «ritorsione» alla misura presa qualche giorno fa dalla Svizzera nei confronti di Muhammar Gheddafi e di altri 187 libici, banditi dalla federazione elvetica. In un "avviso particolare" pubblicato sul sito www.viaggiaresicuri.it curato dall'Unità di crisi del ministero degli Esteri, la Farnesina, riferendosi alla decisione di Tripoli, parla di «improvvise e non annunciate misure restrittive» e «sconsiglia» ai cittadini italiani tutti i viaggi verso la Libia.
BLOCCATI E RIMPATRIATI - Rimpatri di passeggeri atterrati all'aeroporto internazionale di Tripoli si registrano da domenica sera. Al momento sono già stati rimandati indietro tre italiani, nove portoghesi, un francese e un altro cittadino europeo proveniente dal Cairo. Sono 40 gli italiani che, domenica sera, sono stati trattenuti all'aeroporto di Tripoli. Di questi, tre sono stati rimpatriati con lo stesso aereo sul quale erano arrivati. Gli altri 37 - dopo una notte passata in aeroporto assistiti dal console generale Francesca Tardioli - sono poi stati lasciati entrare nel Paese intorno alle 4.30 del mattino. Si tratta per lo più di dipendenti a contratto di società petrolifere che operano in Libia. Il direttore dell'Ufficio Alitalia di Tripoli, Gianluca Della Torre, ha affermato di «temere maggiori restrizioni già a partire dal prossimo volo, quello delle 24 e 45». Secondo quanto appreso in aeroporto, dai vettori di tutte le compagnie aeree vengono fatti scendere prima i passeggeri non europei e solo in un secondo momento tutti gli altri che vengono poi fermati al controllo passaporti dove inizia una lunga trafila che in molti casi porta al rimpatrio. Secondo alcune fonti sul posto, ai Consoli generali giunti in nottata in aeroporto non è stato consentito di incontrare i propri connazionali in difficoltà, in particolare il console maltese e quello portoghese non sono riusciti ad avere un contatto diretti con i connazionali.

SI MUOVE L'ITALIA - L'Italia ha fatto sapere anche che chiederà che la decisione libica di sospendere la concessione di nuovi visti di ingresso ai cittadini dei Paesi Schengen, nonchè la validità dei visti di ingresso già rilasciati sia oggetto di discussione alla prossima riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue in agenda il 22 febbraio prossimo. Su questa vicenda Roma si sta raccordando con tutti i paesi dell'Unione Europea e Schengen. Il nostro Paese sta inoltre verificando «la correttezza» della decisione svizzera che ha suscitato la reazione libica di chiudere le frontiere ai cittadini provenienti dai Paesi dell'area Schengen. È quanto riferiscono fonti della Farnesina.

TENSIONE - La decisione di Tripoli infatti è solo l'ultimo atto di una bagarre diplomatica tra la Libia e la Svizzera, iniziata nel luglio del 2008, quando il figlio di Gheddafi, Hannibal, e sua moglie, furono fermati dalle autorità svizzere per una denuncia di maltrattamenti da parte di due domestici. La circolare del primo ministro libico, Al Bagdadi Ali Al Mahmoudi, con cui Tripoli ha sospeso la concessione di visti turistici a tutti i cittadini che provengono da Paesi dell'area Schengen non reca alcuna motivazione ufficiale, ma fonti diplomatiche e alcuni esponenti del settore turistico non faticano a trovare una connessione con l'ormai annosa crisi fra Berna e Tripoli. Il documento sui visti sembra infatti essere la diretta conseguenza della pubblicazione, da parte della Svizzera, di una «lista nera» di 188 personalità libiche - fra cui proprio il colonnello Gheddafi e molti membri della sua famiglia - cui è stato precluso l'ingresso nel Paese elvetico. Secondo il quotidiano online Oea, vicino alla Fondazione Gheddafi, di cui è presidente Seif Gheddafi, figlio del colonnello, che cita un «responsabile libico di alto livello», la lista comprende anche responsabili del Congresso generale del Popolo (Parlamento), del governo e «responsabili economici e dirigenti militari e dei servizi di sicurezza». «Questa decisione - avverte però la fonte - recherà danno in primo luogo agli interessi della Svizzera», e «se non sarà annullata Tripoli risponderà con misure di dissuasione fondate sul principio di reciprocità», ha aggiunto ancora. Detto, fatto. La «minaccia» infatti - unita ad una annosa questione che vede i cittadini libici lamentarsi per la difficoltà ad ottenere un visto Schengen, visto che per essere rilasciato richiede l'unanimità da parte di tutti i Paesi facenti parte dell'accordo - ha avuto un immediato seguito con la circolare di Al Mahmoudi. Dallo scorso 12 dicembre 2008, anche la Svizzera ha il potere di bloccare la concessione dei visti, essendo entrata nell'area di Schengen. Berna ha dunque cancellato i controlli sistematici delle persone alle frontiere con Austria, Francia, Germania e Italia, acquistando però il diritto di veto sul rilascio di visti a cittadini esterni all'area. Lo stop agli ingressi deciso dalla Libia fa presagire un seguito non ancora ben definito anche per quanto riguarda i due uomini d'affari elvetici trattenuti in Libia dal luglio 2008 con l'accusa di aver violato le leggi libiche sull'immigrazione e sul commercio. Tripoli, d'altro canto, non è nuova ad accusare l'Ue di dare «solidarietà sistematica e programmatica» a Berna, limitando i visti Schengen ai cittadini libici, come si legge ancora sul quotidiano Oea. (Fonte Ansa)

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