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24 gen 2010

Il broker Usa è più indipendente


«Quando Merrill Lynch è stata venduta a Bank of America non ci ho pensato un attimo: ho deciso di andarmene». Brian Doe, 42enne, raggiunto al telefono nel suo nuovo ufficio alla Gratus Capital Management di Atlanta non ha rimpianti. «Mi chiesi: come poteva un gruppo così prestigioso avere tanti problemi? E poi: venduti nel giro di un week-end. Non potevo accettare che il mio futuro fosse messo in pericolo per colpa di persone che non conoscevo nemmeno. Inoltre, ero certo che sarebbero arrivate ulteriori restrizioni e difficoltà nel lavoro: cosa che, puntualmente, sì è avverata».
Così Doe, che alla Merrill Lynch gestiva asset per 58 milioni di dollari, ha fatto il salto: è diventato consulente indipendente. «Ne ho parlato con mia moglie, che mi ha sostenuto, e ho fatto la mia scelta».
Non il solo, non un caso isolato nell'America della crisi. Lo conferma Scott B. Smith, di Cerulli Associates: «Nel 2007 il numero degli indipendent advisors rappresentava il 42,1% del mercato. L'anno successivo sono saliti al 42,7% e, nel 2009, saranno il 44,2 per cento». Riguardo agli asset in gestione? «Due anni fa gestivano il 32,8% del mercato. Nel 2009, secondo le nostre stime, avranno il 34,8% e nel 2010 il 36,3 per cento».
Insomma, la crisi ha decretato un nuovo balzo della cosiddetta consulenza retribuita a parcella: una gestione che, giocoforza, riduce quei conflitti d'interesse spesso alla base dei problemi di tanti portafogli degli investitori.
Ma quali i motivi della migrazione dai grandi gruppi? «Molti lasciano a causa delle ristrutturazioni», precisa Joel Naroff, uno degli economisti indipendenti più noti Oltreoceano. «Ci sono state le difficoltà dei mercati; gli investitori hanno ritirato i risparmi. Il conto economico dei grandi broker ha sofferto. Le società, o sono finite in bancarotta, o hanno tagliato il personale» e spinto sulle performance: chi non raggiunge l'obiettivo perde i bonus e finisce nella "penalty box". «Alla fine - dice Naroff -, il gestore è costretto a lasciare l'azienda e gioca la carta dell'indipendenza».
Ma non sono solo le ristrutturazioni. Sfiduciati e scottati dalle perdite, mr e mrs Smith hanno iniziato a chiedere più trasparenza e la personalizzazione del servizio. «In effetti - racconta dal suo ufficio nel New Jersey Steve Giacona, fondatore della società indipendente Round Table Services - ci si fida di meno. Tuttavia, il vero tema è la richiesta di servizi ad hoc. I nostri clienti sono gente medio-ricca, che non vuole prodotti standardizzati». Prima dello tsunami subprime, il trend di lungo periodo era al rialzo: si saliva in carrozza e, oplà, «tutto era più semplice». Ora, il leit motive del cliente è uno solo: «Flessibilità, reattività e personalizzazione», dice Giacona.
In questa situazione non essere pressati da altri interessi, se non quelli del risparmiatore, aiuta. «Il conflitto d'interessi esiste - ammette Doe -. Io voglio essere dipendente del mio cliente e non degli azionisti della società per cui lavoro. Se la soluzione giusta non è un prodotto finanziario, bensì un investimento immobiliare o stare fermi per un po'...bé, voglio poterlo dire. L'essere pagato a parcella mi permette questa libertà».
Già la libertà, un privilegio che costa. Avviare una nuova iniziativa richiede molti denari e nuovi clienti. «In effetti - precisa Naroff - all'inizio è dura: solo singoli privati o piccole consulenze da grandi società. Ma la tua reputazione aiuta». «Molti risparmiatori - fa da eco Doe - hanno fiducia in te e ti seguono, anche se non hai più il grande gruppo alle spalle. È successo a me come a tanti colleghi». Tanto che le grandi banche di Wall Street, secondo Cerulli, gestivano a fine 2008 il 47,7% dei soldi dei risparmiatori privati: una percentuale che, a fine 2009, è scesa al 45,4% e, nel 2010, diminuirà ancora.
Questo trend, per alcune aziende, rappresenta un bel affare. Charles Schwab o Fidelity Investment, per citarne alcune, offrono servizi finanziari a prezzi scontati: dal trading al deposito titoli. Un business importante, tanto da organizzare anche incontri ad hoc per spiegare come diventare indipendent advisors. La conferma arriva da Brett Sharkey, ex manager di punta di Morgan Stanley: «Noi - dice il broker che, insieme ad altri due colleghi, ha fondato Three Bridge Wealth Advisors - sfruttiamo Schwab per il deposito titoli. Lavoriamo, però, anche con grandi banche perché è essenziale offrire il servizio migliore. Nella tecnologia, come start up, abbiamo investito oltre 100.000 dollari». E poi c'è Internet. Tutte queste nuove società curano molto i loro siti web: una vetrina obbligata, una finestra sul mondo per farsi conoscere, quando il passa-parola non basta più.
«Inoltre- aggiunge Doe -, grazie alla rete posso accedere ai dati, alle statistiche che voglio: la tecnologia ha contribuito a rendere più democratica la finanza. E si contengono i costi. A Merril Lynch, su ogni dollaro guadagnato, mi rimanevano in tasca 40 cent. Ora posso dire che, a fine 2010, riuscirò a tornare su buoni livelli di stipendio: circa 200.000 dollari all'anno». Negli Usa la consulenza indipendente rende.

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