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10 feb 2010

Ke$ha, popstar nel segno del dollaro

IL FENOMENO

Ke$ha, popstar nel segno del dollaro

«Adesso sono in cima alla classifica, ma da piccola ho fatto la fame»

MILANO — La fabbrica delle popstar made in Usa è in servizio permanente effettivo. L'ultimo suo prodotto si chiama Ke$ha. All'anagrafe di Venice (California) fa Kesha Rose Sebert, ha 22 anni e già dalle modalità della sua nascita si potevano ricavare le stigmate di una party-girl di successo: è venuta al mondo il 1° marzo 1987 durante una festa nella San Fernando Valley. Sua madre, Pebe, è un'ex cantante punk-rock, che per sbarcare il lunario e tirare su Kesha e suo fratello maggiore scriveva canzoni a Nashville, la capitale del country. Quando però lei era poco più che una neonata, le cose per la famiglia non andavano affatto bene: «Dipendevamo dall'assistenza sociale e dai buoni governativi per i viveri», racconta Kesha di passaggio a Milano per presentare il suo primo album, «Animal», uscito in Italia la settimana scorsa. «Uno dei miei primi ricordi è mia madre che mi dice: "Se vuoi qualcosa, prenditela"».

Kesha in concertoal gala che ha preceduto i Grammy 2010
Kesha in concertoal gala che ha preceduto i Grammy 2010
E lei s'è presa ben più di qualcosa. Il brano d'esordio, «Tik Tok», ha già venduto 4 milioni di copie in tutto il mondo e negli Stati Uniti ha dominato per settimane le classifiche dei singoli. Contemporaneamente «Animal» appena uscito è subito balzato al primo posto delle charts americane con oltre 150 mila copie vendute. Un successo che le ha cambiato la vita: «Posso fare le cose che non potevo fare prima. Soprattutto, vivere senza il pensiero di come fare concretamente a vivere, perché ho qualche soldo in tasca. La cosa più bella? Posso portare fuori a cena mia mamma. E poi viaggiare». A proposito, è la sua prima volta in Italia? «Ero già stata a Venezia: avevo forse cinque anni, non ricordo granché. Spero di tornarci presto, magari con il tour per "Animal" che comincerà questa estate: non so ancora se sarà solo negli Stati Uniti, io spero che potrà essere mondiale e di fare delle date in Italia». Ma da questa prima presa di contatto «da adulta» con il Belpaese, Kesha una cosa l'ha già capita. «Mi piacciono gli uomini italiani, quasi quasi mi cerco un fidanzato. Però non deve essere geloso: non mi va di stare con un uomo solo, voglio un fidanzato italiano, ma anche uno francese, uno svedese e così via. Sarà forse per questo che in realtà sono single?». Musicalmente parlando, con lei siamo in puro territorio pop. Le fanfare promozionali strombazzano di elettropop con energiche venature punk. La verità è che per ora più che la musica da party-girl è il personaggio Ke$ha l'asso nella manica di Kesha. Due storie per confermare l'assunto. La prima è la sua «irruzione» a casa di Prince, più o meno due anni fa: «Volevo farmi produrre l'album da lui, così trovai l'indirizzo della sua villa a Beverly Hills. Grazie a una mancia di 5 dollari al giardiniere entrai e mi ritrovai nella stanza dove stava improvvisando con il suo gruppo. Prima di essere sbattuta fuori feci in tempo a lasciargli il demo avvolto in un fiocco porpora».

Mr. Purple Rain il cd non glielo produsse, ma questa è un'altra storia. Poi c'è la faccenda del simbolo del dollaro nel nome: «È perché so cosa vuol dire non avere un soldo in tasca. Io canto per questo, per guadagnare soldi. Me lo sono pure tatuato sulla mano sinistra, il simbolo del dollaro (lo indica ridendo, ndr.)». Volontà di ferro e idee chiare. «Ora faccio pop, mi piace e funziona. Ma in futuro potrei darmi al country. O al punk». Vietato stupirsi, i suoi «idoli» sono infatti poco pop: «Innanzitutto mia madre, senza di lei non sarei riuscita a fare questo mestiere, ha anche collaborato a diversi pezzi dell'album. Poi Stones, Beastie Boys, Dylan, Beatles, Elton John, anche i Clash». E Madonna? «Grandissima. È al centro della scena da decenni, è intelligente, sexy, padrona del suo business. Magari diventassi come lei!». Ke$ha come Lady GaGa (e le altre): piccole Madonne crescono.

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