la sede del North Carolina doveva rispondere dell’accusa di plagio
Pepsi e la segretaria 'costata' 840 milioni
Per sbaglio ha buttato una citazione in giudizio: nessuno si è presentato in tribunale e l'azienda ha dovuto pagare
MILANO - Un manager astuto lo sa: la metà del suo lavoro dipende dal suo alter ego: una segretaria efficiente e attenta. Nel caso della Pepsi Cola, la negligenza di un’assistente è costata all’azienda 1,26 miliardi di dollari (circa 840 milioni di euro). Dovranno essere sborsati per una causa persa senza che nemmeno si sapesse di un giudizio in corso. Tutto per colpa di Kathy Henry, segretaria con 20 anni di esperienza. Infallibile, fin quando sulla sua scrivania stracolma di documenti, cartelle e lettere, ha fatto scalo una busta contenente una citazione in giudizio, che lei ha prontamente cestinato.
ACCUSA DI PLAGIO - La multinazionale di soft drink, e precisamente la sede del North Carolina, era stata chiamata in aprile dalla corte del Wisconsin a rispondere all’accusa di plagio, per aver rubato l’idea di imbottigliare e vendere acqua purificata (etichettata Acquafina). Ad accusare erano due imprenditori del Wisconsin, Charles Joyce e James Voigt, che rivendicavano la paternità dell’idea, confidata a uno dei distributori nel 1981. L’ordine era di presentarsi davanti al tribunale il 30 settembre, ma nessun legale della multinazionale si è presentato. Così la causa era stata attribuita ai due imprenditori. Il 5 ottobre Kathy si è vista recapitare una seconda lettera in cui si condannava la sua azienda.
DIFESA PER NEGLIGENZA - Nei documenti preparati in fretta e furia, per l’appello, l’attonito ufficio legale della Pepsi ha contestato l’attribuzione del processo a un tribunale del Wisconsin, mentre l’azienda ha sede in North Carolina e la sede legale della Pepsi è a New York, ma ha anche addotto come attenuante la lentezza burocratica dell’azienda che per settimane intere ha sepolto l’importante documento legale. Kathy Henry lo aveva messo da parte perché «molto impegnata nella preparazione di un consiglio di amministrazione».
PUÒ SUCCEDERE - Per il portavoce della multinazionale Joe Jacuzzi, «è una delle coincidenze sfortunate di questa storia, ma non è l’unica ragione per cui contestiamo l’accusa che è dubbia e non dimostrabile. Una negligenza, invece, è giustificabile». E quale segretaria non vorrebbe lavorare per un capo così clemente?
Nessun commento:
Posta un commento