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24 feb 2009

Studio Illegale


L'avvocato-blogger che mette sottosopra il mondo dei professionisti
«Mondanità trash e giovani supersfruttati: l’ironia
è diventata la mia arma di sopravvivenza»



Ormai è un eroe, anche se il nome l’ha trovato aprendo a caso un dizionario. Si chiama Duchesne — «un cognome inglese di cui non so la pronuncia», confessa —, ha trent’anni, è milanese e fa l’avvocato in un grande studio d’affari. Duchesne è lo pseudonimo con cui nell’aprile 2007 ha aperto il blog «Studio illegale», che è diventato un cult tra gli avvocati con 1.500 contatti quotidiani e che ora è il titolo di un libro (Marsilio) che in poche settimane è arrivato alla seconda edizione. Un romanzo divertente, cinico e malinconico che si legge d’un fiato seguendo le avventure di Andrea Campi, un protagonista che si presenta dicendo: «Sono un professionista serio. Ultimamente non sto molto bene». Lo pseudonimo è fondamentale, non per le rivelazioni finanziarie, ma per quelle umane: un umorismo spietato su un ambiente di ricchi avvocati che passa dai capital markets alle escort di lusso a «Oh, dite quello che volete, ma a me la De Filippi mi fa sesso», in una Milano riconoscibile. Un mondo che l’autore racconta grazie alla doppia identità, avvocato di giorno e blogger di notte, e che abbiamo incontrato per i lettori del «Corriere della Sera», partendo da un appuntamento e da un indizio: «Sono biondo». L’abbiamo trovato davanti al bar Jamaica, un ragazzo come tanti, che non arriva in Porche ma a piedi, e che almeno un paio di volte si lamenta delle occhiaie.

La prima domanda è d’obbligo: ti hanno scoperto?
«Nessuno, anche se il libro è pieno di fatti autobiografici, messaggi cifrati e tributi».

Qualcuno sa della tua doppia vita?
«Un paio di amici, la mia ragazza e la mia migliore amica: le ho spedito il libro dopo che mi ha scritto "Finalmente ho smesso di leggere il blog di quel fetente", ci ero rimasto male...».

Tra colleghi si parla del libro?
«Sì, e io mi imbarazzo, ma ormai ho imparato a riferirmi in terza persona a Duchesne, anzi, a volte lo disprezzo».

Già, ma chi è Duchesne?
«Sono io, ma non sono io: è il mio alter ego, nasce dalla realtà ma invento anche molti episodi».

Perché hai aperto il blog?
«Stavo veramente male, lavoravo fino all’una quasi tutti i giorni, facendo anche duemila euro al mese, ma non avevo una vita privata, allora mi sono detto "Adesso racconto tutto" ».

Chi sono i tuoi lettori?
«Ormai gente di ogni tipo, ma principalmente colleghi, dai senior che sostengono che "sputtano" la professione agli junior che si trovano nella mia situazione».

I personaggi: sono veri?
«Dipende, il collega arrivista esiste per davvero, mentre il boss è la summa di tutti i capi che si possono avere, come diceva Fitzgerald: "Ci vogliono almeno dieci persone per fare un personaggio"». (Non un Azzeccagarbugli qualunque, ma lo scrittore Francis Scott Fitzgerald, ed è conoscendo gente così che Duchesne è diventato socio di un vecchio studio rispettato, quello letterario)».
corriere
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