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19 dic 2007

Abbiamo toccato il fondo.




Ecco per cosa paghiamo i politici del governo, per parlare senza riuscire nemmeno a scrivere un decreto che possa "funzionare". Appena redatto, deve essere messo da parte, con il rischio che tutti i clandestini espulsi possano ritornare senza problema a delinquere in Italia.




E' indecente, la nostra classe politica non è capace di fare nulla.

Ancora una volta lo dimostra e io ancora ne rimango sconvolto!
Dobbiamo cambiare la classe dirigente, prima che ci portino al collasso.
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Il governo fa decadere il provvedimento
Chiti: addio al decreto «Sicurezza»
Un nuovo provvedimento con carattere di necessità e urgenza sarà varato il 28 dicembre dal Consiglio dei ministri


Baracche abusive di romeni controllate all'ex polverificio Stacchini a Tivoli (Ansa)
ROMA - Il decreto-sicurezza verrà lasciato decadere dal governo che però ne ripresenterà un altro per cercare di evitare il rientro in Italia dei clandestini espulsi. Lo comunica mercoledì mattina il ministro Chiti alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio. È stato lo stesso leader del Pd, e sindaco di Roma, Walter Veltroni che il provvedimento ha fortemente voluto dopo l'assassinio di Giovanna Reggiani a Tor di Quinto, a chiedere che «il governo adotti subito» un decreto analogo. Il colpo di scena è arrivato nel primo pomeriggio di ieri, preannunciato da una dichiarazione del Guardasigilli Mastella.

Dopo le obiezioni del capo dello Stato che ha messo in evidenza la presenza di «riferimenti erronei» del testo, nell'emendamento sull'omofobia, tali da mettere a rischio la sua firma al momento della promulgazione. E dopo che è risultato chiaro che tutte le soluzioni ipotizzate a cavallo tra lunedì e martedì erano comunque vie che mettevano in grave imbarazzo il presidente della Repubblica e la stessa Camera dei deputati (chiamata comunque ad approvare una legge palesemente errata, come sottolineato da Luciano Violante), si è scelta, quella che al Quirinale è apparsa «la strada più lineare» e quindi da preferire. Perciò si è messo su un binario morto il decreto-legge, che decadrà il prossimo 31 dicembre.

La decisione è stata salutata dall'opposizione come una «resa» dell'esecutivo («non riescono a governare, ritornare al Senato con la norma corretta sarebbe stato possibile», hanno detto Schifani, Calderoli, Santelli, Mantovano). Ma ha messo in difficoltà il Viminale (il sottosegretario Lucidi a Montecitorio aveva le lacrime agli occhi) e lo stesso ministro Amato che aveva detto che si sarebbe tirato dritto senza modifiche. Palazzo Chigi dopo aver subito obtorto collo il richiamo del Colle, ha annunciato di aver già cominciato a lavorare «per evitare vuoti legislativi», dal momento che sono a rischio «rientro in Italia» 408 espulsi grazie al decreto, 124 dei quali per «imperativi motivi di sicurezza pubblica». In particolare il vicepremier Rutelli ha dato rassicurazioni sul fatto che le norme a tutela dei cittadini verranno reiterate (probabilmente il 28 dicembre), senza «cambiarne la sostanza».

Eppure l'impasse non sarà facile da superare. Tanto che il presidente della Camera Bertinotti ha detto che «per quello che si profila se ne potrà discutere più approfonditamente a gennaio».

M. Antonietta Calabrò
dal corriere





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