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27 ago 2007

Ricerca e Verità



La ricerca in Italia è, come tutti sappiamo, molto faticosa e avversata da mancanza di finanziamenti. Quando ne parliamo, prendiamo come riferimento l'America, ma vediamo alcuni miti al riguardo, che vengono sfatati dal quotidiano la Voce:


Fabrizio Ferraro

Quello che colpisce di più del dibattito pubblico sulla ricerca e sull’università in Italia, e per certi
versi anche a livello Europeo, è il continuo confronto con un modello americano di ricerca che non esiste: una ricerca di eccellenza, finanziata dai privati, e portata avanti da ricercatori eccezionali. Un mito che nasce da una mancanza di informazioni essenziali e che ostacola lo sviluppo di un sano dibattito sulla costruzione di un modello italiano (o europeo) di ricerca. Questo intervento discute tre miti relativi alle ricerca in America, che se sfatati magari posso incentivare discussioni più meditate e comprensive.
Primo mito: la ricerca è essenzialmente finanziata da privati
Falso. La maggior parte dei fondi di ricerca sono pubblici. Nell’anno 2005 (Tabella 1), la spesa di ricerca universitaria ammontava a circa 45 miliardi di dollari, ed il governo federale contribuiva con circa 29 miliardi (64%), mentre il governo statale apportava altri 3 miliardi. Le imprese coprivano solo il 5% delle spese di ricerca. Il resto era coperto dalle Università stesse (fondi propri) e da Non-profit di vario tipo. Le imprese non contribuiva neanche a coprire i costi della ricerca applicata (il 25% del totale). Dai primi anni 80 ad oggi, i finanziamenti alla ricerca del settore privato sono effettivamente cresciuti ma comunque non coprono che il 5% del totale. Dal 2000 al 2005, al contrario, il governo federale ha aumentato i fondi di ricerca del 66% (da 17 a 29 miliardi di dollari).

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Secondo mito: la ricerca è essenzialmente ricerca di eccellenza.
Falso. Certamente la ricerca di base è quella di cui tutti parlano, per cui gli stranieri espatriano in America, e per cui i ricercatori americani vincono Premi Nobel. Nel periodo 1901-2002, 270 ricercatori americani hanno vinto il
Premio Nobel—un numero che è superiore alla somma (256) dei vincitori dei quattro paesi che seguono. Tuttavia, se si guarda la distribuzione dei Premi Nobel per capita, gli Stati Uniti sono solo undicesimi. In realtà il mondo della ricerca negli Stati Uniti è estremamente ramificato, ed include anche piccole università che spesso si occupano di ricerche importanti solo a livello locale. Senza di loro le università maggiori (che poi sono una minoranza) non potrebbero concentrare i loro sforzi sulla ricerca di base, per sua natura molto rischiosa e senza applicazioni immediate.

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Terzo mito: avere ricercatori eccezionali è sufficiente.
Falso. La ricerca non vive solo di menti ed intuizioni. Esiste una società che la supporta in vario modo. Per esempio, i politici sono spesso in grado di capire ed apprezzare il valore politico ed economico che la ricerca porta con sé, e quindi si fanno promotori di iniziative spesso aliene ai politici europei. Un modo piuttosto semplice di favorire la ricerca è di avere leggi che garantiscano benefici fiscali all’instituzioni che fanno ricerca ed quelle che sovvenzionano la ricerca: così le università pubbliche e private sono generalmente esenti dal pagare le tasse sulla proprietà e sui redditi, e, fin dal 1981, le imprese che investono in ricerca posso ottenere una detrazione fiscale corrispondente a parte degli investimenti in ricerca e sviluppo (1).In conclusione, è troppo facile rinunciare a costruire le premesse per fare ricerca in Italia nascondendosi dietro all’idea che gli americani producono una ricerca migliore perché sono i migliori e che l’Italia (o l’Europa) non potrà mai avere le stesse aspirazioni. Questo é falso. Tuttavia, é vero che per costruire le premesse per una ricerca seria sono necessari fondi pubblici, ed una classe politica attenta. Semplice no?

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