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26 mar 2020

Mettiamoci nelle mani di Mario Draghi. Stato e banche paghino la crisiMentre il premier e i suoi balbettano l'ex presidente della Bce offre una lezione al governo



Nei momenti difficili ci vogliono persone all'altezza della situazione. Quando i mercati furono travolti dalla speculazione trovano di fronte uno all'altezza della tempesta: Mario Draghi. In queste ore confuse dove è evidente che né noi in Italia né in altri paesi abbiamo leadership in grado di affrontare quel che accade, ieri a tarda sera ho ritrovato quasi per caso quel che serve. Ha lo stesso nome e lo stesso cognome di chi ci salvò anni fa. Perché Mario Draghi ha consegnato all'edizione on line del Financial Times (FT) un articolo che immagino oggi sia riportato anche sull'edizione cartacea all'altezza della gravità di quel che sta accadendo e che inevitabilmente cambierà il mondo e le sue regole come le abbiamo conosciute fino ad ora. Il titolo già dice molto: “Siamo in guerra con il coronavirus e dobbiamo combatterla insieme”.




Ma il sottotitolo ancora di più: “Gli alti debiti pubblici diventeranno la caratteristica dell'economia futura e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato”. Nella sua lunga introduzione Draghi spiega che in periodo di guerra i bilanci bellici nella storia sono stati finanziati in due modi: o ricorrendo alle tasse dei cittadini come fecero Italia e Germania nella prima guerra mondiale, o a carico dei bilanci pubblici in tutti gli altri paesi. Nella guerra al coronavirus -scrive l'ex presidente della Bce sul FT- è già chiaro che la risposta deve comportare un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito sostenuta dal settore privato - e qualsiasi debito accumulato per colmare il divario - deve alla fine essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci pubblici”. E ancora: “proteggere l'occupazione e la capacità produttiva in un momento di drammatica perdita di reddito richiede un immediato sostegno di liquidità. Ciò è essenziale per tutte le imprese per coprire le proprie spese operative durante la crisi, siano esse grandi aziende o ancora di più piccole e medie imprese e imprenditori autonomi”. Qualche Stato ha già fatto le prime mosse in questa direzione (primo fra tutti la Gran Bretagna). Qualche altro è lì come un pugile suonato non sapendo che pesci pigliare, e fra questi purtroppo c'è l'Italia. Ma per Draghi come quando tuonò “deve essere fatto qualsiasi cosa in nostro potere” per difendere l'euro, oggi per salvare quel che resterà degli Stati e delle loro economie non si deve più perdere nemmeno un istante. Altro che mettersi lì a limare codici Ateco su chi resta aperto e chi no o a studiare regolamenti densi di cavilli su come produrre le mascherine, intortarsi sulla legalità anche quando ti serve un bene non domattina, ma ieri. Via ogni burocrazia, via ogni pool di legulei, via tutto e decisioni sull'economia oggi per domattina. Esattamente come ha fatto la Gran Bretagna, che ha già messo oggi tutte le imprese (da ieri anche le partite Iva) del regno in grado di procurarsi liquidità dal sistema bancario assistita da garanzia statale sull'80% delle somme erogate. Draghi è netto in questo: “Le banche”, scrive sul Financial Times, “possono creare denaro istantaneamente consentendo scoperti di conto corrente o aprendo linee di credito. Le banche devono prestare rapidamente fondi a costo zero alle società disposte a salvare posti di lavoro. Poiché in questo modo stanno diventando un veicolo per le politiche pubbliche, il capitale necessario per svolgere questo compito deve essere fornito dal governo sotto forma di garanzie statali su tutti gli ulteriori scoperti o prestiti. Né la regolamentazione né le regole di garanzia dovrebbero ostacolare la creazione di tutto lo spazio necessario nei bilanci bancari a tale scopo”.



Qualcuno ce la farà così. Qualcun altro no, perché le perdite subite durante la crisi da virus faranno aumentare il debito privato non consentendo investimenti futuri. Potrebbero fallire, e visto che c'è la garanzia dello Stato comunque quei fallimenti avranno un costo pubblico. Ma per Draghi bisogna non farle fallire, e cancellare il loro debito che sarà caricato sullo Stato per tenere viva l'economia. Sulle prime un costo più grande, ma nel medio termine si capirà che è il solo modo per evitare voragini nei nostri sistemi economici e uscire il più in fretta possibile dalla recessione in cui piomberemo. L'Europa e le sue banche hanno la liquidità necessaria per farlo e anche un costo del denaro che lo consente. Ma ai governi nazionali servono decisioni estremamente rapide oggi, perché se no diventano inutili. Ecco la sua chiosa sul quotidiano finanziario inglese: “La velocità è assolutamente essenziale per l'efficacia. Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shock che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell'esitazione può essere irreversibile”.

Se qualcuno ancora avesse avuto dei dubbi, la nostra sola speranza è che le redini di questo paese finiscano il più in fretta possibile in mani così. E il solo gesto che si chiede alla nostra balbettante classe politica è il passo indietro e l'invocazione di una guida così. Abbiamo bisogno di Mario Draghi.

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