Metti mi piace

18 nov 2019

WeWork e non solo. La caduta degli unicorni: in Borsa a prezzi di saldo




Qualcosa sembra essersi inceppato nel meccanismo dorato degli unicorni made in Usa: società che nascono per un'intuizione digitale e crescono in fretta grazie ai capitali di qualche investitore. Rapporti di forza sottosopra: la Cina ormai batte tutti in fatto di start up miliardarie


NEW YORK - «C’è stato un problema riguardante la mia valutazione. Qualcosa su cui riflettere» ha ammesso Masayoshi Son, il fondatore di SoftBank annunciando i risultati trimestrali con la prima perdita operativa in 14 anni: 6,5 miliardi di dollari. Solo il crac finanziario di WeWork, la start up degli uffici condivisi, negli ultimi tre mesi gli è costato 4,6 miliardi.

Completano il quadro le performance negative a Wall Street di Uber e della piattaforma di instant messaging Slack, sulle quali l'investitore giapponese ha scommesso pesantemente: le quotazioni sono crollate del 40% e del 47% dalle rispettive Ipo. Qualcosa sembra essersi inceppato nel meccanismo dorato degli unicorni: società che nascono per un'intuizione digitale e crescono in fretta grazie ai capitali di qualche investitore.



Son, per tutti “Masa”, 62 anni, con il suo Vision Fund ha fatto diventare Softbank la prima banca d’investimento al mondo nel settore tech. Leggendarie le sue incursioni in Silicon Valley in cui muoveva miliardi come noccioline, come un elefante in un negozio di cristalleria. Ora è costretto alla prudenza. Vision Fund, lanciato nel 2017 con una dote di 100 miliardi, ha attratto i capitali del petrolio, dal fondo sovrano saudita e da Abu Dhabi, promettendo rendimenti stellari. Son pensava di lanciare un secondo fondo Vision, cavalcando il tech e le start up. Ora si trova a dover gestire le perdite.

WeWork negli ultimi tre mesi ha riportato un rosso di 1,25 miliardi (+150%) su un fatturato di 934 milioni. Il tasso di occupazione degli uffici condivisi è diminuito del 79%. La nave affonda. Si parla di 4.000 tagli. Softbank tenta un difficile salvataggio iniettando risorse per 9,5 miliardi. Senza il bailout della banca giapponese, che ora controlla l'80% del capitale, a fine ottobre le casse della società sarebbero state a zero.

L'eclettico fondatore di WeWork, Adam Neumann, 40 anni, abituato a navigare tra le agiografie da guru tech e i party vip – sua moglie Rebecca è la cugina di Gwyneth Paltrow - ha investito in immobili negli anni in cui la crisi subprime aveva fatto diminuire le quotazioni e ha continuato a dichiarare successi e performance inesistenti che hanno spinto le valutazioni di WeWork: a gennaio la società era valutata 47 miliardi. A settembre, prima della Ipo saltata, JpMorgan e Goldman Sachs, le due banche capofila, già scottate dalla quotazione di Uber, parlavano di 20 miliardi di valore. Il piano di salvataggio di Softbank valuta WeWork meno di otto miliardi (-83% di svalutazione). Neumann rimasto con il cerino in mano è stato costretto a lasciare la società, seppure con un tesoretto di 1,7 miliardi di dollari.






Il flop finanziario di WeWork pone enormi dubbi sulle formidabili ascese degli unicorni, sulla governance e i controlli finanziari. Ma è solo l'ultimo caso. Tesla lo scorso anno ha tenuto gli investitori con il fiato sospeso per le tante promesse disattese di Elon Musk. Uber è ai minimi storici e ha perso oltre il 40% del suo valore di Borsa dalla quotazione. La sua rivale Lyft lo stesso: ha ceduto il 41% dall'Ipo di marzo. Le azioni del social media Pinterest sono sotto del 44% dai massimi di agosto e dalla quotazione avvenuta ad aprile. Chewy, il sito e-commerce di pet food, nei tre giorni successivi alla Ipo ha visto schizzare le azioni del 70%: ora i titoli trattano del 6% sopra al prezzo della discesa in borsa. Insomma le azioni degli unicorni americani sono a prezzi di saldo.

Asset management come Longbow Capital Partners e anche altri, in ragione delle basse quotazioni stanno facendo razzia scommettendo su periodi migliori.

Se negli Stati Uniti il mondo delle start up sembra aver perso smalto, al contrario in Cina c'è una esplosione di nuove realtà digitali. Unicorni cinesi come Ant Financial di Alibaba, ByteDance che controlla la popolare app di short video TikTok, e il car sharing Didi Chuxing guidano la classifica delle start up globali, mercato valutato 1.700 miliardi di dollari.


La Cina è passata in testa superando gli Usa: oggi ha 206 start up che valgono più di un miliardo, contro gli Stati Uniti che al momento ne contano 203, stando alla classifica globale di Hurun, appena pubblicata che prende in considerazione oltre 400 start up non quotate.

Gli unicorni globali, quelli da oltre un miliardo di valore, sono in 24 paesi. Dopo Cina e Stati Uniti, al terzo posto figura l'India con 21 unicorni, seguita da Gran Bretagna con 13 e Germania con sette.

Nessun commento: