Negli aeroporti americani uomini d’affari, scienziati e nonne non sanno cosa fare, come finirà il loro viaggio, scrivono i reporter. Non sembra che nelle felpate stanze del comando abbiano le idee più chiare. Nel caos mondiale di queste ore causato dall’ordine del presidente Trump di bloccare chi arriva dai sette Paesi a maggioranza islamica, spunta un caso inglese: la settimana scorsa la premier britannica May è stata la prima a essere ricevuta da Trump che l’ha definita una «sorella di cui avevo perso le tracce». Qualcuno aveva fantasticato di un’anglosfera di nuovo compatta pronta a dare nuova direzione al mondo. È bastato il weekend a stracciare questa illusione, semmai a svelare una confusione ai più alti livelli non solo al check in.
Ieri subito dopo l’editto di Donald, i britannici si convincono in virtù di questa nuova simpatia e degli antichi legami di essere esentati dai controlli estremi decisi alla Casa Bianca. Il ministro degli esteri Boris Johnson, funambolico campione di Brexit raffigurato nei murales di Bristol mentre bacia Trump, ieri pomeriggio telefona al genero del presidente, Jared Kushner, parente ma anche consigliere del presidente con delega per il Medio Oriente, e chiede se il bando vale anche per chi ha doppio passaporto di cui uno britannico. Il 35enne nominato da Trump rassicura Johnson: non ti preoccupare, i britannici non avranno alcun problema, tutto come prima.
A ogni modo in un sussulto di orgoglio il ministro Johnson twitta: «credo che questo ordine sia sbagliato e divida anziché unire». Messa sotto pressione, la premier May si limita a dire «noi non siamo d’accordo con questo approccio». I due volti della Brexit ora al governo ieri comunque assicuravano che i britannici sono salvi da bandi e controlli.
Forte di questa telefonata ministro-genero del presidente, che scavalca anche l’influente segretario di Stato Rex Tillerson e la normale dialettica fra ambasciate, stamattina il Foreign Office in una nota fa sapere che ulteriori controlli sono previsti solo per i britannici per partono da uno dei sette paesi islamici, ad esempio un libico-britannico che parte da Tripoli diretto negli States, ma se lo stesso viaggiatore parte da Londra è tutto come prima.
Tutto accade velocemente nel mondo guidato da Trump, e così la nota del Foreign Office - la paludata e influente diplomazia britannica - è già carta straccia a metà mattina quando l’ambasciata americana a Londra fa sapere: vi sbagliate il bando colpisce anche voi, non godete di nessuna eccezione.
Il tira e molla va avanti mentre i britannici raccolgono più di un milione di firme con cui si chiede di annullare la visita di Stato di Donald Trump in Gran Bretagna, il parlamento è solo obbligato a discuterne ma la premier May conferma che la visita di Stato si farà, annullarla « significherebbe smantellare tutto» ciò che i due hanno concordato nel loro primo incontro a Washington la scorsa settimana.
Petizione o non petizione però, il governo britannico insiste che i passaporti britannici non soffriranno nessuno stop. Sul sito dell’ambasciata americana a Londra invece appare l’avviso: «Se avete già un appuntamento con noi, per favore non venite, non possiamo farvi il colloquio per il visto».
Solo nel pomeriggio si apprende su cosa si basava tanta sicurezza: la telefonata del ministro al genero del presidente. Il Foreign Office rifiuta di commentare la differenza di versioni e a questo punto di verità.
Ma forse la cosa èpiù clamorosa, stando a quello che scrive Bloomberg, è che il Foreign Office britannico è convinto di avere notizie più aggiornate del dipartimento di Stato americano.
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