Paghe da 2 euro al giorno per chi confeziona tute e scarpe L'allarme arriva da Cina, Sri Lanka e Filippine
DALLA NIKE ALLA SPEEDO - Niente Fair Games, dunque, anche per Londra 2012. A denunciare ancora una volta gli effetti devastanti della delocalizzazione della produzione delle griffe è l'ong Abiti Puliti che ha esaminato le condizioni di lavoro di 10 fabbriche di abbigliamento sportivo in Cina, Sri Lanka e Filippine, intervistando un totale di 175 lavoratori. Gli operai lavorano per stabilimenti in cui viene appaltata la produzione di noti marchi sportivi, come New Balance, North Face, Columbia Sportswear Company, Next, Nike, Speedo e Ann Taylor, tutti sponsor sia del merchandising destinato ai consumatori, sia delle divise che saranno usate dagli atleti e dai volontari dei Giochi di Londra.
PETIZIONI ONLINE -Nel rapporto stilato, oltre alle drammatiche condizioni retributive, emerge che i benefici di legge che spettano ai lavoratori sono costantemente negati attraverso l'utilizzo dei contratti a termine. E non solo. I lavoratori sono costretti a fare straordinari sotto minaccia di licenziamento. In tutte le fabbriche infatti non esiste un sindacato riconosciuto con rappresentati dei lavoratori credibili. Il che si traduce in salari bassi, molla che spinge le big companies a delocalizzare la produzione in paesi dove non esistono leggi troppo severe contro lo sfruttamento e dove la povertà abbassa notevolmente il livello dei salari. E se la situazione non è certo nuova, per cercare di risolverla è stata lanciata una campagna di sensibilizzazione dal titolo The Play Fair Campaign, cui è possibile aderire sottoscrivendo una petizione.
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