Riecco l'appuntamento delle polemiche. Puntuale, come ogni anno, torna la Festa dell'Unità di Roma. E se l'edizione 2010 era stata segnata, alla vigilia, dalle critiche interne sulla foto del manifesto- simbolo (una donna in abito da sera con un mazzo di rose, e lo slogan "Una festa per i suoi 150 anni", riferita all'Unità d'Italia), anche quest'anno l'immagine scelta dal Pd non a tutti è piaciuta. "Cambia il vento", si legge, su un paio di gambe di donna scoperte dall'aria che le solleva la gonna. Il primo commento arriva dal comitato nazionale "Se non ora, quando", che esprime "sconcerto": "L'abbinamento fra lo slogan e l'ennesima immagine strumentale del corpo femminile ci lascia stupite e attonite. Il comitato protesta ancora una volta di fronte all'uso del corpo delle donne come veicolo di messaggi che nulla hanno a che fare con esso e invita il Pd romano a ritirare la campagna, anche per rispetto verso milioni di donne italiane il cui voto è stato fondamentale nelle amministrative e nei referendum nazionali del 12 e 13 giugno". A queste parole si aggiungono quelle del senatore Lucio D'Ubaldo, membro della direzione del Pd, al quale invece non va a genio la denominazione "Festa dell'Unità" (ma anche lo scorso anno si pronunciò in tal senso, voleva la dicitura "Festa dei democratici") sulla quale esprime qualche riserva: "Solo a Roma si mantiene la denominazione che ha segnato, nel bene e nel male, 60 di storia politica nazionale. Il problema è che il Pd non è - se lo fosse avremmo tutti sbagliato indirizzo - la continuazione della politica e dell'iconografia della vecchia sinistra italiana. Capisco l'esigenza di non deludere una parte dell'elettorato nostalgico ma rigenerare o conservare i simboli del passato è un errore". Insomma, secondo D'Ubaldo "i riformisti devono qualificarsi come una forza capace di interpretare, nella logica del cambiamento, il centro vitale della società italiana. A Roma il partito degli ex scivola irrimediabilmente verso posizioni di arretratezza culturale". Anche nel 2009 ci fu un tentativo di "modernizzazione": sul manifesto un barman con uno shaker in mano e lo slogan "Mescolati, non agitati". E pure in quel caso le critiche furono più sonore degli apprezzamenti
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