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24 giu 2011

CON IL PREMIER MI FELICITAI PER LA FORZA CON CUI AVEVA SUPERATO LA MALATTIA» «Berlusconi è una persona sola Se fa riforme vere lo sosterrò»

Il leader Idv Di Pietro: «Lo sfido Attaccarlo non basta. 

In piazza lascio Bersani e Casini»

Antonio Di Pietro
Antonio Di Pietro
Mi hanno colpito molto gli interventi alla Camera di Bersani e pure di Casini. «Berlusconi fa il male dell'Italia, Berlusconi se ne vada». Sono le stesse parole che dissi io in piazza Navona tre anni fa, all'inizio della legislatura. Allora Bersani e Casini dicevano che ero troppo antiberlusconiano, e così facendo aiutavo Berlusconi. L'hanno ripetuto anche quando mi sono inventato i referendum. Ora che 27 milioni di italiani hanno detto no a Berlusconi, loro hanno preso coraggio. Io cerco di essere anche stavolta un passo avanti. Dire no a Berlusconi non è più sufficiente. Dobbiamo costruire un'alternativa. Per questo voglio parlare a tutti gli italiani».

Antonio Di Pietro, alla Camera il premier le si è seduto accanto. Si sono congratulati con lei Cicchitto, Colucci, Lupi.
«Oddio, dove ho sbagliato...».

E Giuliano Ferrara la benedice: «Habemus statistam».
«Ferrara? Davvero? Comunque, non confondiamo le cose. Un conto è la mia nuova linea politica. Un altro è la chiacchierata con Berlusconi. Io sono sempre rimasto al mio banco. Stavo telefonando. È stato lui a sedersi vicino a me, scherzando sul fatto che voleva intercettarmi. Mi ha ripetuto che il governo ha fatto molto, che con questo debito pubblico non poteva fare di più. Io gli ho risposto che farebbe meglio ad andarsene».

Vi date del lei?
«Certo. Ci mancherebbe altro».

Il popolo della Rete però l'ha presa male.
«E chi lo dice? I primi quattro che parlano così, tanto per parlare? In Rete si trova di tutto. La gente seria capirà. Io ora mi rivolgo ai lettori del Corriere. E chiedo: cosa avrei dovuto fare? Menarlo? Morderlo? Strappargli i capelli finti? Il presidente del Consiglio ti avvicina, in Parlamento non in un sottoscala, e tu come reagisci? Lo ascolti. Tieni la tua posizione. E lo inviti a seguire il tuo intervento».

Berlusconi l'ha seguito. E lei ha detto: «Sono stufo di sentir chiamare l'opposizione "la sinistra"». Cosa intendeva?
«Se verrà a trovarmi a Montenero, le mostrerò una cosa che custodisco fin dai primi Anni Sessanta».

Cosa?
«Il portafoglio di mio padre».

Come si chiamava suo padre?
«Di Pietro Giuseppe, contadino. Morto a 72 anni cadendo dal trattore. Nel suo portafoglio non c'era mai una lira, ma un'immagine della Madonna di Bisaccia. E due sole tessere. Lui le chiamava "il fascio di grano" e "la Libertàs". Erano della Coldiretti e della Dc. Non era proprio iscritto al partito: le davano insieme, d'ufficio. Io comunque vengo da lì. Dai cattolici, dai moderati. Ho studiato in seminario. Non sono un uomo di sinistra».

Però governa Napoli con Rifondazione comunista. E hanno scritto che in gioventù era missino.
«Anche questo non è vero. Ero un emigrante, e non avevo tempo per le ideologie, né comuniste né fasciste. Oggi in Europa i miei parlamentari siedono a destra dei socialisti. Con i liberaldemocratici. Quella è la mia ispirazione ideale».

Resta l'impressione di un cambiamento del suo rapporto con Berlusconi. Già due anni fa lei, rivelando di aver subìto un intervento, sia pure meno grave di quello del premier, ebbe parole di solidarietà per lui.
«Mi felicitai per la forza con cui aveva superato la malattia. Di fronte alla sofferenza e alla fragilità umane, solo un miserabile si rallegra e si augura il peggio. Un uomo, se è un uomo, esprime solidarietà».

E quali sentimenti le ispira il Berlusconi di oggi?
«Berlusconi oggi è una persona sostanzialmente sola, che cerca di comprare una felicità che non ha. I miei sentimenti sono di humana pietas per lui. E di rabbia per i cortigiani che di lui si approfittano, che ci mangiano, che umiliano ancora di più le istituzioni, coprendosi dietro la sua faccia».

Lei lo chiamava Videla, e oggi si dice pronto a votare le sue leggi, se la convinceranno.
«Il mio giudizio politico non è cambiato. Il governo Berlusconi non è né liberale né popolare; è un gruppo di potere che sta piegando le istituzioni a interessi privati, su un modello piduista. Più che Videla, Berlusconi è Do Nascimiento».

Chi?
«Il mago. Ma ormai gli italiani hanno scoperto la truffa. E non gli credono più. Per questo io Berlusconi lo voglio sfidare. Porti in Parlamento la riforma fiscale, l'aumento delle imposte sulle aliquote finanziarie e il taglio di quelle sul lavoro, l'abolizione delle Province, e noi non ci tireremo indietro».

Così lei alla Camera, anziché il premier, ha attaccato Bersani.
«Perché oggi attaccare Berlusconi non basta più. I 27 milioni di voti dei referendum non sono tutti di sinistra. Vogliamo offrirgli un'alternativa? Vogliamo costruire un sistema con un centrosinistra coeso e un centrodestra ripulito?».

Lei dove si colloca? Nel centrodestra?
«Non faccio salti della quaglia. Però vado oltre la storia della sinistra classica. Va bene la solidarietà, ma voglio anche la meritocrazia. Salviamo il welfare, ma potenziamo il libero mercato. Dov'è il programma del centrosinistra? Chi è il leader? Bersani prenda l'iniziativa. Altrimenti si faccia da parte, e lasci il campo a chi se la sente».

Perché Bersani esita?
«Perché non ha ancora deciso con chi farla, l'alternativa».

Il Casini antiberlusconiano non va bene?
«Il terzo polo esiste proprio perché è terzo. Chiedere a Casini se vuole stare con noi non ha senso. Ha senso chiederci se siamo bipolaristi. Io lo sono. Casini no».

Parteciperà alle primarie del centrosinistra?
«Le primarie sono un punto di riferimento ineludibile. E io sono un segretario di partito. I referendum hanno dimostrato che so fare politica, talora meglio dei professionisti che non ci avevano capito nulla, dicevano che avremmo fatto un favore a Berlusconi, e adesso vorrebbero mettere il cappello sulla vittoria. Ora posso dire di avere lasciato una traccia nella storia d'Italia: le centrali nucleari non si faranno più. Ma questo è solo l'inizio».

Cosa farà?
«Continuerò a incalzare il governo e la sinistra. Presenterò un piano energetico nazionale. E sull'acqua il Pd non pensi di far passare il suo progetto. Prima volevano privatizzare, poi hanno votato sì al referendum, ora vogliono la partnership pubblico-privato. E no. Non si va contro il voto popolare».

De Magistris a Napoli come sta andando?
«Gli parlo tutti i giorni, dieci volte al giorno. Cerco di dargli il mio sostegno. Poveraccio: si è appena insediato, e già tutte le altre istituzioni gli si mettono di traverso. Se è dovuto intervenire il capo dello Stato, significa che qualcosa non funziona».

Quali sono oggi i suoi sentimenti verso la Lega?
«C'è la Lega del gruppo dirigente, che mi pare chiusa nel Palazzo romano e lacerata al suo interno. Ma c'è la Lega dei sindaci, degli assessori, del territorio, dei militanti. La conosco bene: è gente che ama la propria terra, cui va il mio rispetto. Non si può gettare via il bambino con l'acqua sporca. Del resto, noi siamo stati gli unici a votare contro l'intervento in Libia e per il ritiro dall'Afghanistan. Ora la Lega la pensa come noi».

Maroni è un bravo ministro dell'Interno?
«Di Maroni non sopporto alcuni toni razzisti sugli immigrati, io che sono stato uno di loro. Ma sono stato anche un poliziotto. Apprezzo il modo in cui Maroni difende il suo ministero. E intendo aiutarlo a trovare soldi e mezzi per proteggere i suoi uomini e metterli in condizione di lavorare per lo Stato e per la nostra sicurezza».

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