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29 apr 2011

Caso Ruby, la difesa di Fede chiede l'archiviazione: «Errori dai pm»

N CONFERENZA STAMPA

I legali del giornalista: la procura ha confuso il mio telefono con quello di Lele Mora


Lele Mora e Emilio Fede (Photomasi)
Lele Mora e Emilio Fede (Photomasi)
MILANO - Un «gravissimo» errore negli atti - una telefonata attribuita «casualmente o fraudolentemente» a Fede da cui ha preso il via tutta l'inchiesta - e le dichiarazioni di un agente che afferma di aver ricevuto Karima El Mahroug a Milano dove la ragazza sarebbe arrivata da sola ancora minorenne. Sono gli elementi messi in luce dalla difesa di Emilio Fede nell'inchiesta sul caso Ruby, nell'istanza depositata giovedì con cui si chiede l'archiviazione della posizione del direttore del Tg4, indagato per induzione e favoreggiamento della prostituzione di 32 ragazze maggiorenni e di quella di Karima El Mahroug quando aveva 17 anni.

LA VERSIONE DI FEDE - Quando Ruby nel gennaio del 2010 venne a Milano contattò inizialmente un agente per fare un casting per la danza del ventre e poi dallo stesso agente, che la scartò, venne messa in contatto con Lele Mora. È quanto in sostanza ha affermato Emilio Fede in una conferenza stampa, spiegando di aver depositato in Procura una registrazione nell'ambito delle indagini difensive nella quale il primo agente, incontrato in un ristorante, gli ha ricordato la vicenda. Fede ha quindi ammesso di aver sì incontrato Ruby al famoso concorso di bellezza in Sicilia nel 2009 ma di averla rivista solo la sera del 14 febbraio ad Arcore, senza averla peraltro riconosciuta. Secondo il direttore del Tg4 e i suoi difensori, gli avvocati Nadia Alecci e Gaetano Pecorella, in questo modo viene smontata l'ipotesi accusatoria secondo cui fu Fede ad indurla alla prostituzione.

L'ERRORE - Il 14 febbraio 2010 Ruby telefonò a Lele Mora e non a Emilio Fede, come si deduce dai tabulati dell'inchiesta condotta dalla Procura di Milano. La Procura avrebbe commesso un «errore grossolano» hanno spiegato durante una conferenza stampa lo stesso Fede e i suoi avvocati Gaetano Pecorella e Nadia Alecci, attribuendo a fede l'utenza telefonica che, in realtà, apparteneva all'agente dello spettacolo. Questo errore, secondo i legali, sarebbe stato alla base di tutta la costruzione accusatoria contro Fede, in quanto quella telefonata sarebbe stato il contatto tra il giornalista e la giovane che la sera stessa, per la prima volta, partecipò ad una festa ad Arcore.

IL PREMIER - In un incontro con i giornalisti nello studio dei suoi difensori, Fede, tabulati alla mano, dice di non avere mai parlato con Ruby il pomeriggio del 14 febbraio, anche perché «il cellulare agganciato dall'utenza della ragazza non era mio ma di Lele Mora», né di averla sentita in seguito: ci sono 12 contatti nell'aprile-maggio successivo ma sono tutte chiamate senza risposta, di pochi secondi. «Ruby non l'ho portata io ad Arcore però mi chiedo perchè non è stato accertato con chi lei è venuta a Milano in precedenza e chi ha contattato».Quanto alle cene a Villa San Martino «non ho mai assistito a nessuna scena trasgressiva. Lo stesso presidente del Consiglio mi ha ricordato che io me ne andavo sempre tra la mezzanotte e l'una e che a volte mi chiedeva di riaccompagnare a Milano qualcuno degli ospiti». Nè, aggiunge Fede «ho mai constatato o sono semplicemente uscito a cena con nessuna delle altre ragazze coinvolte nelle indagini». A chi gli chiede la sua valutazione sulle serate condotte a Villa San Martino alla presenza di tante «sgalletate» il direttore del Tg 4 risponde secco «non entro nel merito di vicende che riguardano il presidente del Consiglio. Io da amico vero quale sono e spero di restarlo per tutta la vita, ho cercato di proteggerlo e anche quella sera (14 febbraio 2010, ndr) mi sono chiesto chi fosse Ruby e cosa ci facesse lì. Ma lui deve sempre aiutare questa o quella. Cose sue, non sono il suo difensore».

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