Ban Ki-moon ha nominato l'ex ministro degli Esteri giordano inviato speciale in Libia
MILANO - Onu e Nato lanciano un monito alla Libia: basta attacchi sui civili. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha detto che «se Gheddafi e il suo regime continueranno ad attaccare sistematicamente la popolazione civile, non posso immaginare che la comunità internazionale e l'Onu rimangano a guardare». «Sia chiaro - ha proseguito il danese - noi non abbiamo alcuna intenzione di intervenire in Libia. Ma ci stiamo preparando a ogni eventualità. Siamo comunque ben consapevoli che un intervento militare dall'esterno potrebbe creare una reazione da parte del mondo arabo e per questo siamo in stretto contatto sia con la Lega araba che con l'Unione africana». Gli attacchi contro la popolazione civile in Libia possono essere considerati «crimini contro l'umanità», ha aggiunto Rasmussen. «La violazione dei diritti umani e della legge umanitaria internazionale è oltraggiosa».
ONU - Il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha chiesto a Gheddafi di mettere fine agli «attacchi indiscriminati» e ha avvertito Tripoli che chi viola il diritto internazionale verrà processato. Ban Ki-moon ha poi nominato l'ex ministro degli Esteri giordano, Abdelilah Al-Khatib, inviato speciale in Libia «per condurre consultazioni urgenti con le autorità a Tripoli e nella regione sull'attuale situazione umanitaria», ha detto l'ufficio stampa di Ban. Il comunicato aggiunge che il segretario generale ha parlato con il ministro degli Esteri libico, Musa Kusa, e gli ha detto che Tripoli deve «attenersi alla responsabilità di proteggere i cittadini del Paese e ascoltare le legittime aspirazioni del popolo libico a vivere con dignità e in pace».
FRONTE DI GUERRA - Il regime libico sta intanto cercando di riprendere il controllo del Paese con raid aerei contro i ribelli e manifestazioni di «vittoria» a Tripoli, affermando di
Forze ribelli a Bin Jawad (Ap)
aver riconquistato molte città, circostanza che la guerriglia smentisce malgrado abbia in effetti perso terreno. In diverse città, intanto, la rivolta ha assunto ormai le sembianze di una confusa guerra civile, con entrambi i fronti impegnati anche nella propaganda che rende difficile poi la verifica delle notizie sul campo. La televisione di stato libica ha annunciato che le forze fedeli al colonnello Gheddafi sono dirette a Bengasi, roccaforte dell'opposizione quasi mille chilometri a est di Tripoli. A Misurata, terza città della Libia 150 chilometri a est di Tripoli, un residente e un ribelle hanno invece detto per telefono che la città era controllata dalla guerriglia, malgrado un'offensiva del governo con armi pesanti. «I carri armati sparano proiettili in pieno centro città», hanno fatto sapere. Secondo una fonte medica gli scontri e i bombardamenti di domenica a Misurata avrebbero causato 21 vittime e una novantina di feriti. È intanto di almeno sette morti e oltre 50 feriti il bilancio dei combattimenti a Ben Jawad, 30 chilometri a ovest di Ras Lanouf, dove i ribelli sarebbero stati costretti a indietreggiare e rinunciare momentaneamente alla loro avanzata verso Sirte, città natale di Muammar Gheddafi. Sulla città, nelle ultime ore, si sono registrati anche nuovi attacchi da parte delle forze governative.
FRONTE POLITICO - Sul fronte politico, invece, il Consiglio nazionale creato dalla rivolta 27 febbraio, che si è riunito sabato per la prima volta e si è detto «unico rappresentante della Libia», ha ricevuto il sostegno della Francia. Il colonnello Muammar Gheddafi si è intanto detto favorevole a una commissione d'inchiesta «delle Nazioni Unite o dell'Unione africana» per valutare la situazione.Ha inoltre brandito lo spettro di Al Qaeda e di una massiccia immigrazione in Europa. Suo figlio, Saif al-Islam, ha assicurato che la Libia potrebbe diventare «una Somalia del Mediterraneo», con «i pirati al largo della Sicilia e di Creta» e «milioni di migranti». A Washington è invece salita la pressione sull'amministrazione del presidente Obama a fornire assistenza militare ai ribelli e a neutralizzare l'aviazione del colonnello Gheddafi, sia con una zona di interdizione al volo sia con la distruzione delle piste. «Potremmo bombardare gli aeroporti e le piste e renderle impraticabili per un po' di tempo», ha dichiarato alla Cbs il presidente della commissione Affari esteri del Senato, John Kerry. Il senatore repubblicano John McCain ha anche ipotizzato che Washington possa fornire assistenza tecnica e mezzi di informazione ai ribelli.
NAVE ITALIANA A BENGASI - La nave italiana Libra della Marina Militare, partita l'altro ieri da Catania, è arrivata nel porto libico di Bengasi. La nave ha a bordo circa 25 tonnellate di aiuti e materiale fornito dalla Cooperazione allo sviluppo del ministero degli Esteri, destinato alla popolazione di Bengasi, la città diventata il simbolo della rivolta contro il regime di Muammar Gheddafi. Da Taranto è anche partito il cacciatorpediniere Andrea Doria che farà da piattaforma per il controllo aereo del Mediterraneo meridionale. Unità multiruolo, l'Andrea Doria è in possesso di un armamento differenziato a seconda della minaccia che la rende idonea ad assolvere a numerose tipologie di missione.
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