Lunedi, 28 Febbraio 2011 - 20:41
Dentro il palazzo di Giustizia di Milano, alla ripresa del processo Mediaset in cui Silvio Berlusconi è imputato, i suoi avvocati hanno annunciato che già alla prossima udienza, quella dell'11 aprile, «è verosimile che venga in aula» perchè l'intenzione è quella di presentarsi in questo e in tutti gli altri procedimenti qualora ci sia un'attività rilevante per la difesa. A pochi metri di distanza il presidente del Consiglio, durante uno degli impegni programmati per la sua mattinata milanese, ha detto invece: «Voglio andare, come sempre voglio andare. Ma i miei legali me lo impediscono». E così oggi il capo del Governo davanti ai giudici della prima sezione penale del Tribunale, alla riapertura del processo Mediaset, 'congelatò dallo scorso aprile, non si è presentato e non ha nemmeno presentato istanza di legittimo impedimento. Quindi al collegio, presieduto da Edoardo D'Avossa, non è rimasto che prendere atto e dichiarare, come sempre, la contumacia del premier. Dopo di che l'udienza è proseguita dal punto in cui lo scorso 19 aprile si era bloccata, e sono state riprese «le fila di una complicata istruttoria», per dirla con le parole sempre di D'Avossa. Di nuovo si è ripresentata la questione della citazione dei testi e su cui si preannuncia una nuova battaglia. Con gli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Piero Longo, che hanno ribadito la loro contrarietà «all'inversione dell'onere dell'acquisizione della prova» in quanto ritengono che prima si debba concludere l'esame dei testi dell'accusa, e poi proseguire con quelli delle difese. Con il collegio che invece ha confermato una precedente ordinanza in base alla quale, visto che il nodo delle rogatorie estere non era stato ed è ancora da sciogliere (oggi i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro hanno chiesto la loro «riattivazione» per sentire in videoconferenza con gli Usa un teste e a Montecarlo altri tre), aveva deciso di procedere con i testimoni citati dagli imputati in ragione della speditezza del dibattimento. Accanto a ciò il Tribunale, dopo circa mezz'ora di camera di consiglio, è uscito con una nuova ordinanza: oltre a disporre la convocazione per la prossima udienza dei testi di Gabriella Galetto, ai tempi dirigente Fininvest, premettendo che le «liste testi degli imputati sono incompatibili», per il numero di persone indicate, «con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo», ha invitato le difese a predisporre entro il 31 marzo un dettagliato elenco dei testimoni che intendono portare in aula. E questo «ai fini di consentire al Tribunale l'esercizio del potere dovuto di ridurre le liste testimoniali sovrabbondanti e/o superflue». Un provvedimento che lascia intendere un probabile sfoltimento delle liste dei testi (solo quella del premier contiene 173 nomi) e che, fuori dall'aula, ha provocato la dura reazione di Ghedini: «non è un bell'inizio. Dopo anni di dibattimento con tutti i testi del pm oggi il Tribunale dice che i testimoni delle difese devono essere ridotti. Se questo è il giusto processo.
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