Sono state vere scintille, ieri a Bruxelles al vertice tra Ue e Russia, sul terzo pacchetto europeo di liberalizzazione del l'energia, quello che prevede l'unbundling per tutti, cioè la separazione tra produzione da una parte, trasporto e distribuzione dall'altra. In breve, il divieto per Mosca di possedere gasdotti nell'Unione.
«Queste regole Ue equivalgono a una confisca di proprietà e per di più sono destinate a far aumentare i prezzi perché se i gasdotti saranno utilizzati anche da piccole società queste vorranno aumentare i prezzi per fare più profitti" ha dichiarato il premier russo Vladimir Putin.
José Barroso, il presidente della Commissione, non è stato a sentire ma è immediatamente intervenuto in difesa della nuova normativa europea. «Noi siamo favorevoli al divorzio tra produzione e distribuzione. Per farlo ci sono diverse opzioni, spetterà a ciascun paese della Ue scegliere quella che preferisce. Comunque si tratta di una legislazione che non è in nulla discriminatoria versi i paesi terzi: vale per la Russia come per la Norvegia, è compatibile con le regole della Wto e anche con i nostri accordi con Mosca». Comunque, ha aggiunto, ci sono clausole e strumenti per andare incontro alle preoccupazioni russe.
Uno scambio di battute acceso, che riflette le profonde divergenze che, nonostante i tentativi di appianarle, continuano a informare il dialogo Mosca-Bruxelles. Che ieri ha visto il fattore petrolio alla ribalta e uno dei rari momenti di sintonia tra i due interlocutori.
«No all'aumento brutale dei prezzi del greggio»: su questo punto Putin è stato netto nella conferenza stampa congiunta tenuta al termine del vertice. «L'economia è finalmente in ripresa ma gli eventi nordafricani hanno già portato il petrolio a 118 dollari a barile, un livello che minaccia la crescita economica nel mondo, con gli esperti che prevedono possa arrivare addirittura a 200 dollari» ha continuato il primo ministro russo. Spiegando che il suo Governo intende diversificare lo sviluppo del paese: «Per questo non siamo interessati ad avere alti prezzi energetici». Tanto più che Mosca, ha ricordato, non vende solo greggio e gas ma anche i derivati prodotti dall'industria chimica e petrolchimica (che dipendono per il 60% dall'export).
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