Il ruolo di Bisignani e di un carabiniere mai rientrato dall'Africa
ROMA - È arrivata a popolarsi di «testimoni eccellenti» l'inchiesta della Procura di Napoli su una presunta associazione segreta ribattezzata P4, costituita per «interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».
Nei giorni scorsi i pubblici ministeri Francesco Curcio e Henry John Woodcock hanno ascoltato come persona informata sui fatti il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. E sono andati a sentire il presidente del Copasir, comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Massimo D'Alema. Al quale hanno chiesto conto di alcuni lavori dell'organismo che controlla l'operato dei servizi segreti; dopo che è arrivata una formale richiesta, il Copasir ha trasmesso gli ordini del giorno della sua attività. Ancora, fra le persone interrogate c'è Italo Bocchino, il vicepresidente di Futuro e Libertà, la nuova formazione politica creata da Gianfranco Fini, per provare a chiarire alcune vicende legate alla cosiddetta «macchina del fango» da lui più volte denunciata, e i mancati finanziamenti al giornale Roma, di cui è editore. E dopo Bocchino è toccato al direttore generale della Rai Mauro Masi.
Intelligence e politica
Sembra dunque un'azione complessa e a vasto raggio quella dispiegata dai magistrati napoletani, destinata a proseguire nelle prossime settimane anche attraverso l'analisi del materiale sequestrato nelle perquisizioni disposte di recente. Uno dei principali personaggi intorno al quale ruota l'indagine napoletana è Luigi Bisignani, manager e uomo d'affari dalle importanti relazioni politiche ed economiche, considerato molto vicino a uomini di governo, dirigenti dei servizi segreti (fra i testimoni ascoltati a dicembre c'è anche il direttore dell'Agenzia informazione e sicurezza esterna, l'ex Sismi, Andriano Santini) e di enti pubblici strategici, come l'Eni. Nella settimana che s'è appena conclusa gli investigatori sono andati a cercare elementi utili all'inchiesta nelle case e negli uffici dell'autista, della segretaria e della madre di Bisignani.
Tra i nomi che compaiono agli atti dell'inchiesta c'è pure quello del deputato del Pdl Alfonso Papa, ex magistrato ed ex vice-capo di gabinetto del ministero della Giustizia quando Guardasigilli era il leghista Roberto Castelli. Dopo che il suo nome è comparso sui giornali, Papa s'è lamentato di essere vittima di violazioni delle sue prerogative parlamentari, e l'attuale sottosegretario alla Giustizia Elisabetta Alberti Casellati ha annunciato a Montecitorio la richiesta di accertamenti da parte del ministro Alfano. Il procuratore di Napoli Lepore ha già risposto «nei limiti della riservatezza imposta dal segreto investigativo», come ha pubblicamente spiegato aggiungendo: «Non abbiamo mai perseguitato nessuno, e non guardiamo in faccia nessuno; se sono stati consumati reati essi vanno perseguiti, se non ci sono stati ci saranno proscioglimenti o archiviazioni».
Istituzioni e «affari»
La composizione della presunta associazione segreta e le sue concrete attività e finalità non sono ancora state svelate dagli inquirenti. Il procedimento, di cui ha dato anticipazione un paio di mesi fa Il fatto quotidiano, è nella fase preliminare e non ha manifestato i suoi esatti contorni. Ma qualcosa è trapelato con il coinvolgimento di un maresciallo dei carabinieri in forza alla sezione anticrimine dei carabinieri di Napoli, Enrico la Monica. Il sottufficiale è uno degli indagati per violazione della legge Anselmi (quella che vieta, appunto, la costituzione di società segrete come la Loggia P2 di Licio Gelli), associazione a delinquere e concorso in rivelazione di segreto d'ufficio. A dicembre sono scattate le perquisizioni nei confronti suoi e di altre tre persone a lui legate. La Monica doveva rientrare da un viaggio in Senegal ma non è mai atterrato all'aeroporto di Fiumicino dove lo attendevano alcuni suoi colleghi dell'arma e della Guardia di Finanza; da allora non è tornato nemmeno in servizio, inviando certificati medici.
Il carabiniere, che aveva in animo di essere arruolato nei servizi segreti, è accusato di far parte di un «sodalizio criminoso, unitamente ad altri esponenti delle istituzioni dello Stato e del "mondo degli affari", costituito e mantenuto in vita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati contro la pubblica amministrazione e contro l'amministrazione della giustizia». Sul conto di La Monica c'è il sospetto che abbia rivelato «in più occasioni, notizie coperte da segreto, anche attinte da altri appartenenti all forze dell'ordine». Tra le persone «legate» al carabiniere e perquisite alla ricerca di elementi di prova c'è pure Valter Lavitola editore e direttore del giornale Avanti! che s'è particolarmente distinto nella ricerca di notizie su chi si nasconde dietro le società off-shore proprietarie della casa di Montecarlo venduta da Alleanza nazionale e abitata dal cognato di Gianfranco Fini.
L'attività di dossieraggio
I pubblici ministeri napoletani sembrano sicuri della loro ipotesi d'accusa. E nel decreto di perquisizione a La Monica, Lavitola e altre due persone (tra cui un pregiudicato napoletano titolare di punti vendita di «schede telefoniche "coperte" ed illegali utilizzate dal sodalizio» nel tentativo di evitare intercettazioni) affermano di aver individuato «un articolato meccanismo illecito riconducibile a taluni soggetti impegnati nella gestione di un sistema preordinato alla acquisizione illegale e alla gestione, per scopi e finalità diversi e lontani da quelli istituzionali, di notizie riservate e secretate inerenti, tra l'altro, anche delicati procedimenti penali in corso». È la descrizione di un'attività di «dossieraggio» o diffusione di notizie allo scopo di screditare o delegittimare gli «obiettivi» prescelti. Secondo i magistrati «quello che emerge dalle indagini appare e si delinea come un vero e proprio "sistema parallelo" e surrettizio gestito sia da soggetti formalmente estranei alle istituzioni pubbliche e alla pubblica amministrazione sia, invece, da soggetti espressione delle istituzioni dello Stato». Tutto queste emergerebbe soprattutto dalle numerosissime intercettazioni telefoniche realizzate negli ultimi mesi. E proprio da una di queste è scaturito il frammento d'indagine che riguarda le attività del Copasir, sulle quali due interlocutori esprimevano forti preoccupazioni per le conseguenze che avrebbero potuto avere su persone «amiche». Di qui l'interesse per i lavori del comitato di controllo sui servizi segreti.
Nessun commento:
Posta un commento