L'esame le dà ragione, ma per gli avvocati dell'uomo non è stato eseguito in modo corretto e andrebbe invalidato
A 75 anni, ha voluto scoprire chi è veramente suo padre. E soprattutto, ha voluto sapere se fosse quell'uomo, quello con cui sua madre diceva di aver avuto una relazione. Nel frattempo diventato quasi centenario. La vicenda, ambientata a Reggio Emilia, è finita in tribunale. Ma se l'esame del dna eseguito su i due le ha dato praticamente ragione, la questione non è ancora chiusa. Perché, per i legali del presunto genitore, oggi ricoverato in una struttura ospedaliera, quel test non è stato eseguito secondo le regole e andrebbe di conseguenza invalidato.
LA CAUSA - La querelle giudiziaria è iniziata a settembre 2009 quando è partita la causa di riconoscimento verso l'uomo, che da circa due anni è rimasto vedovo. Secondo la donna, l'uomo negli anni '30 avrebbe avuto una relazione con sua madre, mentre lui lavorava come operaio lontano da casa. Allora ventenne, l'uomo era però fidanzato con un'altra ragazza, che poi sposò negli anni successivi. Il rapporto con la presunta figlia non si sarebbe comunque interrotto, visto che la donna negli anni è stata spesso ospite in casa dell'uomo.
IL TEST DEL DNA - Secondo i test del dna - eseguiti da un perito del Ris con quattro tamponi faringei, due sulla donna e due sull'uomo - i due sono da ritenere padre e figlia con un'altissima percentuale di probabilità. Ma gli avvocati del centenario puntano a disinnescare proprio questa prova: il sistema di acquisizione secondo i legali non sarebbe corretto, in particolare per quanto riguarda gli accorgimenti necessari alla richiesta del consenso dell'uomo. E per questo chiederanno che il risultato del test venga invalidato.
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