Studio della Camera di commercio di Milano: due aziende su tre non sarebbero nate senza l'apporto del lavoro e dei capitali di cittadini non italiani. E otto regioni avrebbero avuto il saldo in rosso tra attività aperte e chiuse. Le nuove imprese nate nel decennio sono 455 mila, oltre la metà sono "extracomunitarie"
MILANO - In dieci anni il sistema produttivo italiano sarebbe stato più povero senza il contributo delle imprese aperte da cittadini stranieri: sarebbero quasi 285 mila le imprese in meno, ovvero quasi 2 imprese su 3 (62%), le nuove aziende attive tra il 2000 e il 2010 (pari a 455 mila). Il dato emerge da una stima della Camera di commercio di Milano sui dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2010, in confronto con lo stesso periodo del 2000, relativi alle sedi di impresa secondo l'attività principale dichiarata (ditte individuali ma anche imprese con natura giuridica più complessa che aggregano più imprenditori, stranieri o italiani, intorno alla stessa attività).Dal 2000 al 2010 le imprese controllate da cittadini stranieri sono cresciute del 200,7%, rispetto a una crescita media del 9,4%, che scende al 3,6% se consideriamo le imprese con titolari italiani. Ma chi avrebbe fatto un passo indietro nel numero di imprese, andando in negativo senza il contributo degli stranieri? Sarebbero in rosso ben otto regioni (rispetto ad una di solo 2 anni fa): il Piemonte registra ad esempio una crescita del 6,4% in dieci anni, che scenderebbe a -0,1% senza imprese straniere. Lo stesso accade per la Liguria (da +7% a -0,6%) e l'Emilia Romagna (da +5,5% a -1,4%).
Devono ringraziare gli imprenditori nati all'estero anche la Basilicata, la Puglia, la Sicilia, le Marche e il Veneto. A queste si aggiungono 26 province (rispetto alle 21 del 2008): Ravenna, Imperia, Treviso, Rovigo, Prato, Pesaro e Urbino, Chieti, Caltanisetta, Bologna, Mantova, Verbano Cusio Ossola, Macerata, Forlì-Cesena, Arezzo, Savona, Catania, Vicenza, Vercelli, Piacenza, Ancona, Ascoli Piceno, Cremona, Benevento, Grosseto, Pistoia e Bari.
Tra le prime venti province in cui l'incidenza delle imprese straniere è maggiore, anche le principali città del Paese, da Roma (al secondo posto, con un apporto delle imprese straniere pari al 12,4% del totale), Firenze al terzo (10%), Torino all'ottavo (8,3%), Genova al tredicesimo (7,7%), Milano al quindicesimo (7,7%). Prima per apporto Prato, in cui le imprese straniere rappresentano ormai oltre un quinto del totale.
E nei settori, il commercio avrebbe registrato in dieci anni una contrazione del 2,2%, che si trasforma in un +5,2% grazie alle imprese commerciali aperte dagli stranieri, mentre le costruzioni sarebbero aumentate del 26,2% rispetto al dato registrato del 42% (il commercio e le costruzioni sono i soli due settori direttamente confrontabili tra il 2000 e il 2010 a seguito delle modifiche avvenute sui codici ATECO). Milano risulta prima in Italia per numero di imprese etniche (circa 40mila), seguita da Roma (circa 36mila) e Torino (oltre 21mila).
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