La trasposizione su grande schermo del romanzo cult di Mordecai Richler è firmata dal canadese Richard J. Lewis, con protagonista un perfetto Paul Giamatti. Una bella commedia, divertente e un po' amara, con un tocco di politicamente scorretto. Ma le torrenziali, eversive opinioni del protagonista vengono un po' ammorbidite: da qui il dibattito...
ROMA - Diciamo la verità: trasferire dalla pagina al grande schermo vita e opere di Barney Panofsky, uno dei personaggi più conosciuti, commentati e citati della letteratura contemporanea, è di per sé un bel grattacapo. Anche perché l'andamento del romanzo dello scomparso Mordechai Richler sulle sue tragicomiche avventure è di quelli complessi: avanti e indietro nel tempo, divagazioni torrenziali, opinioni a effetto, caos continuo. Uno stile che è uno dei segreti dell'exploit del libro, ma che per un produttori, registi e sceneggiatori può rappresentare una sfida quasi impossibile.
Solo "quasi", però: perché a guardare La versione di Barney - il film del canadese Richard J. Lewis tratto, appunto, dall'omonimo romanzo di Richler, presentato alla Mostra di Venezia 2010, e in uscita venerdì nei nostri cinema - la scommessa è stata vinta. La pellicola, interpretata da un grande Paul Giamatti (perfetto nel ruolo del protagonista), è infatti una commedia divertente, a tratti commovente, sostanzialmente fedele - negli eventi, nel romanticismo quasi involontario, nell'esito amaro - all'originale. E fin qui, tutto bene: da un'opera per il grande schermo, non si può volere di più. C'è però un punto da chiarire: visto che La versione di Barney romanzo (pubblicato in Italia da Adelphi) è diventato un'icona planetaria del politicamente scorretto, il suo alter ego cinematografico è altrettanto graffiante,
incontenibile, a volte perfino irritante nel nonrisparmiare niente e nessuno, come l'originale?
Su questo punto la critica si è divisa. Da un lato, ci sono gli entusiasti sostenitori della perfetta aderenza di Giamatti allo spirito del Panofsky letterario: appartengono alla categoria i giornalisti del Foglio, che anni fa lanciarono il talento di Richler e del suo personaggio nel mercato delle idee di casa nostra. Dall'altro, invece, ci sono coloro che, pur apprezzando il film, sostengono che la carica eversiva viene inevitabilmente ridimensionata. Un'interpretazione, questa, leggermente meno entusiastica ma probabilmente più aderente alla realtà. Avallata, del resto, dalle parole di Paul Giamatti: "Un po' educorata, rispetto al libro, la nostra storia lo è - ha dichiarato - sulla carta ad esempio il personaggio era molto irascibile, lo abbiamo inevitabilmente ammorbidito. Ma la tensione del libro comunque c'è". Mancano, però, tante delle sue celebri invettive - sulle donne, sugli ebrei, sul conflitto tra etnie della sua Montreal - che costituiscono un aspetto fondamentale della sua visione del mondo.
Da qui a parlare di infedeltà, come ha sostenuto una piccola nicchia di fan richleriani duri e puri, ce ne vuole. In primo luogo, perché un bel film è meglio di un film pedissequamente identico al libro ma magari brutto. In secondo luogo, perché il Barney leggermente ingentilito che vediamo sullo schermo non ha perso del tutto la sua carica politicamente scorretta. E in terzo luogo perché questa quota di alleggerimento cinematografico era stata avallata da Richler in persona, nelle sue prime bozze di trattamento interrotte dalla sua morte, nel 2001. Da allora il produttore del film, Robert Lantos (tra i coproduttori c'è anche il nostro Domenico Procacci), ha penato per trovare uno sceneggiatore adatto; e dopo aver bocciato perfino lo script del regista Richard J. Lewis, ha finalmente dato l'ok alla versione del giovane Michael Konyvers.
Risultato: un film che ha come protagonista assoluto, punto di vista narrante della storia, il produttore televisivo ed ebreo-canadese Barney (Paul Giamatti). Che seguiamo nelle sue avventure e disavventure in due continenti (c'è una parte ambientata a Roma, nel libro era Parigi) e lungo quattro decenni. Figlio di un padre poliziotto e abbastanza fuori di testa (un personaggio ampliato rispetto al libro, anche perché a interpretarlo è Dustin Hoffman), il nostro eroe ha la vita scandita dai rapporti con le tre mogli: l'affascinante e infedele Clara (Rachelle Lefevre), l'ebrea e decisamente poco simpatica Mrs P. (Minnie Driver), e il vero amore della sua vita, la bella intelligente e paziente Miriam (Rosamund Pike), che Barney conosce durante le sue nozze con MrsP, e per cui perde subito la testa. C'è poi un'altra figura fondamentale: l'amico fuori di testa , talentuoso e tossico Boogie (Scott Speedeman), al centro di un mistero irrisolto...
E a dimostrazione delle "buone relazioni" tra libro e film, va sottolineato che alla pellicola ha partecipato attivamente anche la famiglia Richler: alcuni suoi membri compaiono sullo schermo, nella scena del matrimonio nel giardino del Ritz. Ci sono poi fugaci apparizioni di registi importanti: David Cronenberg e Atom Egoyan (entrambi interpretano i registi della telenovela che Barney produce) e Denys Arcand, che fa il maitre di ristorante. A sottolineare il fatto che qui non c'è solo letteratura, ma anche - e soprattutto - cinema.
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