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9 dic 2010

La sfida degli hacker manda in tilt il web

Julian Assange, fondatore di Wikileaks
Dopo l'arresto di Assange sotto attacco Mastercard e Amazon. Bloccati i siti della Procura svedese e dei legali delle sue accusatrici.
HACKER Obiettivo: le reti energetiche Usa

L'offensiva è partita. Mentre Julian Assange trascorre le sue prime giornate in cella, il mondo della Rete è già partito all'attacco. La cyberguerra è scoppiata. E non poteva essere altrimenti. A farne le spese, per il momento, il sito web di Mastercard e quello della procura svedese. La società di denaro elettronico colpevole di aver bloccato le donazioni a Wikileaks quella della procura in quanto ha fatto arrestare Assange paladino della libertà di internet. Gli hacker hanno definito l'assalto in sostegno di Julian Assange come «Operation Payback» (operazione restituzione) e nei giorni scorsi avevano attaccato Paypal e Postfinance, la banca svizzera che per prima ha bloccato i fondi a Wikileaks.

Nel mirino sono finiti il sito e il servizio di posta elettronica del legale che rappresenta le due donne svedesi che hanno accusato il fondatore di Wikileaks di molestie sessuali. «La nostra e-mail e il sito sono stati attaccati nella notte o stamane», ha detto Claes Borgstroem, il legale che rappresenta le due donne. Una strategia di attacco che non necessariamente è un virus informatico. Per mandare in tilt un sito è sufficiente che ci si colleghino migliaia di persone in contemporanea. Anche il partito dei pirati serbi, che raccoglie gli hacker attivi nel Paese ex jugoslavo, ha espresso il suo pieno appoggio all'attività del sito Wikileaks e all'operato del suo fondatore Julian Assange. L'offensiva è guidata dal gruppo «Anonymus», una crew di surfisti del web che si batte per l'anarchia della Rete. Così siamo finiti tutti in trincea con i nostri computer e le nostre carte di credito.

«Il vero ciclone Wikileaks deve ancora arrivare. Tra un po' partiranno siluri digitali contro economia e finanza. Siamo solo all'inizio di una guerra cibernetica», è il commento di Umberto Rapetto colonnello della Guardia di Finanza tra i massimi esperti di crimini informatici. Oggi Assange incontrerà i suoi avvocati per mettere a punto la strategia per evitare l'estradizione in Svezia. All'avvocato Mark Stephens che ha preparato la consegna a Scotland Yard del fondatore di Wikileaks si è aggiunto ieri Geoffrey Robertson, un legale australiano esperto di diritti umani. La patria di Assange ieri è scesa in campo a difesa del suo cittadino. Il ministro degli Esteri australiano, Kevin Rudd, ha assicurato che il suo Paese fornirà aiuto consolare al fondatore di Wikileaks dopo il suo arresto a Londra. Il governo australiano, accusa gli Stati Uniti di essere responsabile della fuga di notizie di Wikileaks, e non «il signor Assange». «I responsabili sono gli Stati Uniti», ha dichiarato il ministro degli Esteri, Kevin Rudd. La fuga di notizie solleva questioni sull'adeguatezza della sicurezza Usa sui cablogrammi, ha detto Rudd. «Il signor Assange non è responsabile della diffusione non autorizzata di 250 mila documenti dalla rete Usa di comunicazioni diplomatiche. I responsabili sono gli Stati Uniti», ha aggiunto.

Il ministro degli Esteri australiano ha assicurato che qualsiasi azione legale intrapresa in Australia contro Assange non sarà guidata da motivazioni politiche. Mentre molti Stati plaudono al suo arresto, nel mondo si moltiplicano gli attestati di solidarietà. In un sondaggio svolto su internet in Italia, il 64% degli intervistati diceva che Assange è un benefattore, un moderno Robin Hood. Assange è prima di tutto un pirata informatico e la solidarietà della categoria nei suoi confronti è naturale. I gruppi di hacker fanno a gara in questi giorni a lanciare manifesti di sostegno, ad annunciare attacchi contro siti di Stati e a distribuire programmi DDos per bloccare questi siti. Si definiscono «cavalieri Jedi», come gli eroi di Guerre Stellari, e considerano Julian il loro «Maestro Yoda».

Sostegno anche da parte di alcuni importanti leader politici. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha espresso soddisfazione per le indiscrezioni di Wikileaks, che rivelano quanto i Paesi arabi temano il nucleare iraniano. Il leader libico Muammar Gheddafi ha detto che Wikileaks ha avuto un ruolo «molto utile» per mettere a nudo «l'ipocrisia americana».

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