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5 dic 2010

“Julian Assange sta trattando la resa”

Schermaglie con Scotland Yard, duello sul Web, pressioni psicologiche e manovre sotterranee. La battaglia attorno a Julian Assange non conosce sosta così come prosegue la diffusione dei documenti di Wikileaks. Fonti britanniche hanno fatto trapelare la notizia che l’australiano starebbe trattando la resa con le autorità britanniche e potrebbe essere arrestato la prossima settimana. Uno scenario, però, smantellato dal suo avvocato: «Non è vero, non c’è alcun negoziato. E per quanto mi riguarda non sono preoccupato». Per il legale Mark Stephens venerdì è arrivato a Londra un nuovo mandato di cattura emesso dagli svedesi che lo hanno aggiornato per colmare lacune tecniche. Il dossier — secondo il quotidiano The Times – contiene un pacchetto di accuse: una per stupro, due per molestie sessuali, una per coercizione illegale. Tutti elementi raccolti dalla magistratura di Stoccolma dopo la denuncia di due donne. A giudizio di Stephens ci vorranno altri dieci giorni di studio prima di capire se il mandato di arresto ha tutti i crismi legali. E dunque questo escluderebbe un intervent o immediato di Scotland Yard che – secondo fonti di stampa – starebbe comunque sorvegliando Assange. Per i giornali la polizia sa bene dove si trova il grande ricercato (si dice nel Sud del Paese) ma starebbe aspettando un ordine da parte dei giudici. Del resto, lo stesso responsabile di Wikileaks, quando è entrato in Gran Bretagna nel mese di ottobre ha fornito un indirizzo ed un numero di cellulare. Il duello in tribunale è accompagnato da un’intensa battaglia sulla rete. Dopo Amazon, che ha deciso di non ospitare più il sito di Wikileaks, è il turno di Paypal, il sistema che permette pagamenti e offerte di denaro online che ha bloccato le transazioni finanziarie in favore degli hacker-giornalisti. I nostri regolamenti — hanno spiegato i responsabili — vietano «l’uso del servizio per incoraggiare, promuovere o facilitare attività illegali». E’ probabile che Paypal, al pari di Amazon, abbia ceduto alle forti pressioni esercitate dagli Stati Uniti per fare terra bruciata attorno a Wikileaks. E qualche problema per Julian Assange potrebbe arrivare dal suo Paese. La magistratura australiana ha infatti ordinato alla polizia di indagare per stabilire se il suo cittadino ricercato dagli svedesi abbia violato le leggi nazionali rivelando il contenuto dei messaggi diplomatici degli Stati Uniti. Il ministro della Giustizia australiano sta invece esaminando se esistono le condizioni per ritirargli o meno il passaporto. Si è rivelato difficile e impossibile, invece, il piano di neutralizzare il sito su Internet. E’ tornato attivo, dopo qualche ora di pausa, l’indirizzo svizzero che ospita il sito di Assange. E, in ogni caso, i collaboratori dell’australiano, grazie alla solidarietà di molti sostenitori, sono in grado di continuare nella loro campagna. E lo stesso fondatore ha avvertito i suoi avversari: se mi dovesse succedere qualcosa ci sono centomila persone che hanno i file criptati e possono diffonderli. La sortita di Assange si riferisce alle minacce di morte lanciate nei suoi confronti e alle presunte operazioni montate dai servizi segreti per fermarlo. Non sono mancati appelli brutali a eliminare fisicamente il «pirata» mentre i separatisti ceceni ritengono che sia finito sulla lista nera non solo degli americani ma anche dei russi. In un articolo apparso sul sito vicino ai ribelli si è sostenuto che gli 007 di Mosca sarebbero in caccia per tappare la bocca a chi ha fatto emergere particolari pesanti sulla corruzione al Cremlino.

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