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3 dic 2010

Fotoricatti ai vip, pena ridotta in appello per Fabrizio Corona: un anno e 5 mesi Il pg aveva chiesto invece la conferma della condanna a 3 anni e 8 m

MILANO - I giudici della terza Corte d'appello di Milano hanno condannato a un anno e cinque mesi di reclusione Fabrizio Corona nel processo sui fotoricatti ai danni di alcuni vip. In primo grado Corona era stato condannato a 3 anni e 8 mesi. «Non sono contento per un c....» ha risposto l'agente dei fotografi ai cronisti che gli chiedevano un commento sulla sentenza. «Io non sono contento per nulla e lotterò fino alla fine, perché bisogna fare così se si crede in qualcosa» ha anche aggiunto Corona.

HA ESULTATO TROPPO PRESTO - Durante la lettura della sentenza, in aula, Corona è rimasto vittima di un equivoco: quando il giudice ha pronunciato la parola «assolto», il fotografo ha battuto i pugni sul tavolo in segno di soddisfazione, poi si è allontanato dall'aula senza ascoltare il seguito, in cui si spiegava che era assolto per due accuse di tentata estorsione ma condannato per altre due. Corona è uscito e ha guardato fuori dalla finestra, come cercando il cielo. Poi i suoi avvocati l'hanno raggiunto e gli hanno spiegato quello che era successo. «Avevo capito male», ha spiegato poi il fotografo al Corriere, fuori dal Tribunale. «Be', fa niente, almeno l'ho sentita quella parola, assolto», ha aggiunto in tono amareggiato. E sullo sguardo lanciato al cielo dalla finestra: «Ho pensato che mio padre mi aveva protetto di nuovo e che forse la giustizia esiste, ma non è così». Poi lo sfogo rabbioso: «Mi sento preso per il c..., viviamo in un paese di m... e non sono orgoglioso di essere italiano».

«DA DUE ANNI HO CAMBIATO VITA» - Corona ha ribadito di non volersi arrendere: «Se uno crede in qualcosa e crede di essere innocente, non importa contro chi combatte, la presidenza del Consiglio o la Fiat, ma deve andare avanti». Come cambierà ora la sua vita? «L'ho già cambiata, sono due anni che sono diventato un bravo ragazzo, pago le tasse, ho la patente, guido, sto chiuso in casa, non esco, non litigo più, sono diventato un santo».

LA RICHIESTA DEL PROCURATORE - Il sostituto procuratore generale di Milano, Carmen Manfredda, aveva chiesto la conferma della condanna emessa in primo grado lo scorso dicembre. «Mai come in questo caso ho avuto l'esatta percezione di quanto possa essere sottile il discrimine tra l'etica e il diritto e la moralità e l'agiuridicità», aveva detto il pg, soffermandosi sulle estorsioni e tentate estorsioni ai danni dei calciatori Francesco Coco e Adriano e del motociclista Marco Melandri e sottolineando come l'imputato abbia fatto leva sul timore di questi sportivi di rovinarsi, a causa delle fotografie che li ritraevano in situazioni imbarazzanti, con danno alla loro «vita professionale e agli interessi milionari che le ruotano intorno».

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