Metti mi piace

6 dic 2010

"Fini e Casini vogliono farmi fuori, ma io non lascerò a tali maneggioni"

È sempre più guerra aperta tra Silvio Berlusconi e quelli che ormai vengono definiti senza mezzi termini i due «rivali»: Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. Il fatto che i due si siano alleati per tentare di «farlo fuori» trasformando quello del 14 dicembre in un appuntamento al buio nel quale può accadere di tutto, il premier non riesce a mandarlo giù. Così ogni occasione è buona per menare fendenti.

Intervenendo telefonicamente, durante una manifestazione del Pdl a sostegno del governo, il Cavaliere attacca a testa bassa, prima Fini, che definisce di «un'incoerenza totale» e poi Casini, sostenendo come ormai lui abbia un solo obiettivo: far fuori «Silvio Berlusconi per prenderne il posto». Ma il premier avverte che venderà cara la pelle perchè solo lui «è la star». Gli altri, invece, dei «maneggioni della vecchia politica» ai quali non lascerà mai lo scettro. «Sono assolutamente consapevole di avere una certa età - ammette - e che dovrò lasciare prima o poi». «Ma - assicura - passerò il testimone quando avrò terminato il programma e comunque, non ai maneggioni della vecchia politica», nè alle «seconde file».

Casini prima preferisce non polemizzare, ma poi in serata definisce il premier «un uomo allo sbando» e invita il premier a fare un passo indietro «per il bene del Paese» perchè il momento è così «drammatico», sostiene, che l'unica cosa da mettere in piedi dopo il 14 è un «governo d'armistizio» che affronti almeno l'emergenza economica e metta mano a una nuova legge elettorale. Anche in caso di maggioranza risicata il premier dovrà andarsene, insiste Casini. Perchè se invece decidesse di andare avanti comunque, la scelta sarebbe obbligata: si dovrebbe chiamare, ironizza, il 118. Quindi l'esponente centrista fa i nomi di chi potrebbe guidare il nuovo esecutivo: Gianni Letta, Giulio Tremonti, Angelino Alfano. Sempre che il Pdl prenda coscienza della situazione e accetti di collaborare alla creazione del nuovo governo senza Berlusconi. Altrimenti, per il leader Udc, si potrebbe verificare un'altra ipotesi: quella di un governo tecnico con Mario Draghi o Mario Monti a svolgere un «ruolo di supplenza».

Il Pd usa un'altra espressione: «Governo di transizione», ma il concetto non cambia. Anche per il presidente dei deputati Pd Dario Franceschini, così come per il segretario Pier Luigi Bersani, è necessario che il Cavaliere faccia un passo indietro («ormai è pericoloso») perchè «è lui - dice in serata Bersani al Tg2 - la causa della crisi ed è lui che porta instabilità». Ma al Pd, precisa il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, non va di fare nomi. L'importante, sottolinea, è il programma. Se si trova una convergenza nell'interesse dell' Italia su misure a favore della famiglia e delle imprese, allora il partito ci starà altrimenti no. Anche il Pdl non vuol sentir parlare di nomi 'alternativì. Uno di quelli chiamato in causa, Angelino Alfano, non ha dubbi. I nostri candidati, assicura, sono tre: Berlusconi, Berlusconi e Berlusconi. Casini e il Pd però parlano di governo di resposansabilità o di 'armistiziò, senza Berlusconi. Mentre il coordinatore di Fli Adolfo Urso rilancia un'altra ipotesi: quella di un governo di responsabilità nazionale che metta insieme tutte le forze che si riconoscono in un programma di emergenza, ma che potrebbe essere guidato ancora da Silvio Berlusconi.

Intanto le parole del premier sul «lasciare hai giovani» hanno provocato l'immediata reazione di uno dei principali "indiziati" alla successione: Angelino Alfano. Il ministro della Giustizia si sfila dalla corsa per la guida di un governo tecnico per il dopo 14 dicembre e, durante la visita del Salone della Giustizia, a Rimini, a chi gli ricorda che ieri il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini ha detto che anche l'attuale Guardasigilli andrebbe bene come premier, Alfano risponde: «Abbiamo tre nomi in campo: Berlusconi, Berlusconi, Berlusconi». Il 14 dicembre, spiega poi il ministro, «se il Parlamento autorizzerà il governo, andremo avanti su quei punti non ancora affrontati fra i cinque di cui aveva parlato il premier in settembre. Abbiamo già realizzato il piano per Sud, il federalismo e il nuovo piano per la sicurezza. Mancano ancora riforma della Giustizia e del fisco e ieri il premier ha aggiunto la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Se invece il Parlamento non autorizzerà il governo ad andare avanti, noi chiederemo il voto del popolo per farci autorizzare».

Nessun commento: