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23 nov 2010

Sarah, i giudici scrivono: Cosima mente, il giorno del delitto era in casa


Cosima Serrano, la mamma di Sabrina Misseri


AVETRANA (23 novembre) - E queste 54 pagine non sono un piccolo monumento a Michele Misseri, poco ci manca. Se queste motivazioni del Tribunale del Riesame che inchiodano Sabrina al carcere, non sono il timbro finale alla sua attendibilità, davvero ci siamo vicini. Altrimenti i giudici non parlebbero, prendendo in rassegna le sette diverse versioni del contadino di Avetrana, di «doloroso percorso di ravvedimento», altrimenti non segnalerebbero «il completamento e l’integrazione» di queste differenti versioni, altrimenti non gli riconoscerebbero il merito di «riscontri estrinseci plurimi, eterogenei e imponenti». Giungono persino ad argomentare che una confessione «frazionabile» non per questo è meno buona di un’altra.

Per Sabrina, invece, è pollice verso. E’ lei, a scorrere queste pagine, che «ha detto callidamente il falso», è lei che ha progettato «una maliziosa preordinazione difensiva», è lei che ha fornito un alibi «falso» , molto più grave di un alibi «non provato» e quindi da considerare come un vero e proprio indizio a carico, è lei -conclude il ragionamento del Riesame - che potrebbe uccidere ancora. Il concetto è semplice, ma leggerlo tra quelle pagine è un po’ di più. Leggere che i «futili e abietti motivi» che hanno portato Sabrina Misseri a strangolare con la forza delle sua mani la cuginetta Sarah, nel pomeriggio del 26 agosto, proprio in quanto futili e abietti, comportano quasi per un concetto di scuola il rischio che Sabrina possa uccidere ancora, beh, fa un altro effetto.

Così come fa il suo effetto cogliere tra quelle pagine la macroscopica bugia pronunciata da Cosima Misseri, la Sfinge di casa, la donna d’acciaio che ha resistito a ore di interrogatorio senza arretrare di un passo, la madre di quella Sabrina che lei ha sempre difeso e la moglie di quel Michele che, poverino lui, potrebbe fulminare anche solo con uno sguardo.

Ebbene, sostengono i giudici del Riesame che «la presenza di Serrano Cosima all’interno dell’abitazione la mattina del 26 agosto (costei ha sempre negato questa circostanza affermando di essere andata a lavorare nei campi e di essere rientrata per l’ora di pranzo, dopo le 13) è confermata oggettivamente...». E già, la famosa mattina del 26, a poche ore dal delitto, quando la piccola Sarah arriva in casa, trova una Sabrina furente di gelosia nei suoi confronti per via del bell’Ivano, e si rifugia in un silenzio terrorizzato, come avrebbe poi riferito ai carabinieri la supertestimone Anna Pisanò.

Ma perché Cosima dice il falso? Cosa l’ha spinta a una bugia così macroscopica? Leggiamo le motivazioni: «La sua presenza è oggettivamente confermata dall’acquisizione di documentazione bancaria da cui risulta che costei, alle ore 12.18, aveva effettuato il versamento di due assegni bancari sul proprio conto corrente acceso presso la Banca di Credito Cooperativo di Avetrana.» A provarlo, ci sono i nitidi ricordi del funzionario di banca Angelo Carmelo, preso a verbale il 2 novembre scorso. E finalmente si rende giustizia anche a Michele, che lui ha sempre detto di essere rientrato poco dopo mezzogiorno di aver visto «che la moglie era in casa con la figlia Sabrina e la nipote e la nipote». Altro che raccolta di pomodori.
Proprio Cosima si è presentata di nuovo nai carabinieri, ieri sera, insieme alla figlia Valentina, per raccontare la solita storia del marito Michele che dice tutte quelle cose «perché e sotto psicofarmaci». Probabilmente, non aveva ancora letto quello che i giudici del Riesame pensano di lei. Queste motivazioni avrebbero potuto prendere in considerazione solo lo stato delle indagini fino al 20 ottobre, e cioè avrebbero potuto fermarsi alla seconda versione di Michele: lui che strangola Sarah in garage mentre Sabrina la tiene ferma, perché insieme «avevamo deciso di darle una lezione». I giudici, invece, vanno oltre, fanno un quadro aggiornato almeno fino al 5 novembre, quando Michele decide di rovesciare la sua ultima verità: è stata solo Sabrina a uccidere, lui dormiva sulla sdraio ed è stato svegliato, è andato in garage, ha visto il cadavere, l’ha caricato sulla Marbella rossa ed è andato a gettarlo nel pozzo cisterna delle campagne di San Pancrazio.

Ci sono dati assolutamente nuovi in queste pagine. Ad esempio, si rileva per la prima volta che l’arma vincente di Michele Misseri, la sua patente di credibilità, alla fine è una sola: la straordinaria coincidenza dei suoi racconti, fino a spaccare il secondo, con quelli di Mariangela Spagnoletti, l’ex amica di Sabrina, quella che per prima l’ha sbugiardata raccontando di averla vista sulla veranda di casa e non davanti al garage, quando Sarah era già morta.

Quanto al luogo del delitto, invece, queste pagine non portano nulla di nuovo. Immaginano che la lite sia scoppiata in casa e che poi Sabrina, con un pretesto qualsiasi abbia portato Sarah nel garage e lì l’abbia uccisa. Una sequenza troppo macchinosa: loro che litigano sulla strada e nessuno che le nota? Ma sembra arrivato il tempo di chiarire anche questo.

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