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7 nov 2010

«Sabrina mi disse: ho fatto un casino»

Le nuove verità di Misseri. Trovata l’«arma del delitto»: una cintura

AVETRANA (Taranto) — Sabrina è agitata, sconvolta. Sua madre dorme in camera da letto. Lei sveglia suo padre che sta dormendo sulla sedia a sdraio in cucina, «Papà scendi, è successo un casino ». «Che hai combinato?» riesce a chiedere lui quando arriva in garage e vede il corpo di Sarah esanime, per terra. «Zitto, che sta arrivando Mariangela» lo ammutolisce lei.

Così Michele Misseri ricostruisce l’inizio di tutto. Era il 26 agosto, le due e mezzo erano passate da poco e il cuore della sua nipotina Sarah Scazzi, quindici anni, si era appena fermato. «Io non l’ho ammazzata. Quando sono arrivato in garage stava già per terra, con la cinta al collo». «Quale cinta?» gli chiede il pubblico ministero Mariano Buccoliero. «La cinta dei pantaloni », quindi l’«arma» del delitto, sempre che Misseri stia raccontando il vero.

Alla procura e ai carabinieri mancano ancora alcuni tasselli per comporre il puzzle di quel pomeriggio d’agosto ma, dettaglio dopo dettaglio, versione dopo versione, l’immagine sembra prendere forma. E Michele Misseri decide come e quando. Definisce ruoli, aggiunge particolari ma, soprattutto, offre collaborazione. Come fece fin dalla prima confessione, la notte fra il 6 e il 7 di ottobre: «Vi porto io», si offrì, spiegando a chi gli stava davanti che senza il suo aiuto nessuno di loro avrebbe mai trovato il pozzo con il corpo di Sarah.

La sua presenza è stata fondamentale anche ieri. Misseri ha detto sì alla nuova ricostruzione filmata e cronometrata del 26 agosto. Nuova: con i dettagli che lui stesso ha aggiunto dopo l’ultimo interrogatorio- fiume. Così eccolo tornare in via Deledda, al suo giardino, alla sua casa e al suo garage. E poi di nuovo al pozzo, passando per le campagne e fra i suoi amati ulivi, come desiderava già dal primo giorno di carcere quando agli agenti penitenziari disse «qui mi annoio, fatemi lavorare ».

La prima tappa della «visita guidata» di Misseri, ieri, è stata ancora una volta il garage. Si cercava la «cinta», «Cintura in cuoio di colore bianco, 115 centimetri per 3,3» dice il verbale di sequestro. La cercavano in garage e invece alla fine Misseri si è ricordato di averla lasciata sulla sua Seat Marbella, sotto sequestro nel cortile dei carabinieri di Manduria. Dice il verbale: si è «ricercata invano, in più siti all’interno del medesimo garage e di cui il Misseri aveva dato indicazione poiché da lui stesso segnalata come la cintura legata al collo della nipote Scazzi Sarah quando questa giaceva esanime nel garage suddetto».

A casa Misseri è parcheggiata l’Opel Astra di sua moglie Cosima e da ieri anche quell’auto è entrata nell’inchiesta. Perché Misseri ha detto di aver «imboscato» lì dentro la corda che gli servì per calare il corpo di Sarah in fondo al pozzo e lì i carabinieri l’hanno trovata. L’imboccatura di quel pozzo (diametro cinquanta centimetri) aveva una sorta di camino che scendeva interrato fino al punto in cui poi la cisterna si allargava. Per calare il cadavere fino alla parte più larga Michele ha raccontato di averlo imbragato e di aver poi sfilato la corda portandola via con sé. Un altro particolare: le chiavi di casa di Sarah. Ancora una volta è Michele a offrire un riscontro: ha guidato i carabinieri e i magistrati fino all’ulivo che le ha custodite per tutto questo tempo, in una fossetta del tronco.

Ogni oggetto ritrovato è considerato un punto in più per la credibilità di Misseri. E gli inquirenti ieri, dopo averlo visto mimare ogni gesto, si sono quasi convinti che davvero, come lui racconta, si è occupato da solo dell’occultamento del cadavere. Per far capire in che modo ha sollevato Sarah da terra e l’ha calata nel pozzo Michele ha preso in braccio un carabiniere più grande di lui. Per mostrare come ha coperto l’imboccatura ha sollevato invece un masso simile a quello con cui il 26 agosto la chiuse. Chiunque fra i presenti avrebbe avuto difficoltà a spostare quella pietra, lui è riuscito ad alzarla fino all’altezza della spalla e a buttarla in avanti, come fece il giorno del delitto. Per coprire meglio il tutto quel giorno usò delle sterpaglie, ieri ha mostrato in che modo e in che quantità.

C’è un solo punto, nella nuova ricostruzione, che sembra aver spiazzato gli investigatori: gli abusi di Misseri sul cadavere di Sarah. Ne aveva parlato nella confessione della prima ora e in seguito il suo avvocato, Daniele Galoppa, aveva preannunciato un’imminente ritrattazione. Forse è proprio per questo che venerdì sera, dopo l’ultimo lungo interrogatorio, la versione di alcuni investigatori dava per certa quella ritrattazione. Invece no. Misseri ieri avrebbe praticamente rivendicato la violenza, indicando il luogo esatto (vicino al un casolare e sotto un albero di fico) e ripetendo più volte che è vero, lui ha abusato di lei.

Il pomeriggio del delitto, ha raccontato Misseri, la sua prima preoccupazione fu coprire Sabrina, tenerla lontana dai guai: «Non ti preoccupare, mi prendo io tutta la colpa » le avrebbe giurato. Sabrina ci sperava ancora, ieri mattina. Al suo avvocato ha chiesto: «Allora esco? Papà l’ha detto che non c’entro niente? ».

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