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24 nov 2010
Napolitano e Bondi litigano sulla cultura
In occasione della consegna dei Premi De Sica al Quirinale, durante una cerimonia quest'anno particolarmente sobria, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è sceso in campo a favore della cultura «che non può essere mortificata». Il presidente si è inoltre rammaricato del fatto che ieri non fosse presente la «componente Eti (inspiegabilmente soppresso) e i premi (spero solo sospesi) "Gli Olimpici del Teatro"». Ma la risposta del ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, non è mancata: «L'Eti è una sovrastruttura inutile e sopprimerla è stata una misura giusta. I teatri vanno consegnati alla società civile, ovvero gestiti da privati: è stato il caso del Quirino di Roma, sarà così anche per il Duse di Bologna e la Pergola di Firenze e infine per il Valle di Roma. Sono comunque impegnato per il cinema, perché vengano reintegrati gli incentivi. Credo, perciò, che il governo possa e debba dare una risposta alle questioni importanti e serie che sono state oggetto l'altro ieri di uno sciopero del comparto spettacolo». Un botta risposta tra il ministro e il presidente, per certi versi, prevedibile, visto che la cerimonia della consegna dei Premi Vittorio De Sica aveva visto (mancando appunto il volano dei premi Olimpici) una sala ridotta rispetto agli anni scorsi e ovviamente molti meno ospiti. «Con i premi De Sica noi sosteniamo, con il cinema, anche il teatro e tutte le realtà dello spettacolo - ha esordito Napolitano - Il discorso dello spettacolo - come mondo espressivo e come attività economica, come industria - richiede un'attenzione specifica, per le gravi difficoltà che sta attraversando, per l'incertezza che pesa sul suo futuro. Tenendomi lontano - regola per me doverosa - dalla dialettica tra sindacati e governo, considero positivo quel che il ministro dei Beni culturali ha dichiarato sulle ragioni della protesta, sui problemi reali che essa pone, e quel che ha annunciato in materia di ripristino di risorse per il Fus 2011 e di rinnovo delle misure di incentivazione fiscale al cinema. Non c'è dubbio che si ponga una riflessione di fondo e di prospettiva. Ed essa deve comprendere l'insieme del capitolo cultura e quindi delle risorse pubbliche e private da destinarvi: spettacolo, comprese le istituzioni, anch'esse sofferenti, dell'opera lirica e della musica sinfonica, e musei, siti archeologici, palazzi storici, centri urbani e luoghi paesaggistici da preservare nella loro unicità, il patrimonio straordinario, insomma, che abbiamo ereditato e che abbiamo il dovere di preservare e valorizzare. Abbiamo da fare i conti con una riduzione, cui non possiamo sfuggire, del nostro debito pubblico, nell'interesse, soprattutto, delle nuove generazioni, sulle cui spalle non abbiamo il diritto di scaricare un simile peso. Il mondo è cambiato e non ci sono sconti e vie d'uscita indolori per Paesi - dell'Eurozona ad esempio - che hanno conosciuto un'illusoria troppo facile crescita negli scorsi decenni. Queste sono le prove, le sfide attraverso cui passerà il futuro dell'Italia e che richiedono revisioni rigorose nella spesa pubblica. Dobbiamo trovare nuove vie per il nostro sviluppo economico e sociale. Ma queste vie non le troveremo attraverso una mortificazione della risorsa di cui l'Italia è più ricca: la risorsa cultura».
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