Metti mi piace

15 nov 2010

La legge di Berlusconi: «Scioglieremo la Camera»


Elezioni su misura, come i vestiti di Caraceni. «Andremo avanti a governare con la fiducia che ci verrà data sicuramente al Senato e penso anche a Montecitorio – avverte Berlusconi – Ma se non sarà così benissimo, si andrà a votare solo per la Camera e vedremo cosa decideranno gli italiani». Il Cavaliere rompe il silenzio e tenta il contropiede per battere sul tempo quei «professionisti della politica» che «possono aspirare alla presidenza del Consiglio o della Camera solo attraverso decisioni di palazzo». Fini, Casini, Rutelli, Bersani, D'Alema, ecc: sono loro i bersagli del premier. «Vicini all'età in cui grandi leader come Bush e Blair scrivono le loro memorie» - li irride il capo del governo, collegato via telefono con la convention milanese del Pdl - temono il voto anticipato perché «perderebbero un'altra volta». «Il 60% degli italiani» sta dalla sua parte, assicura il Cavaliere.

I NUMERI DELLO SCONTRO: GUARDA IL GRAFICO CON LE FORZE IN CAMPO

«Tutte le cose che stanno succedendo – attacca – rafforzano il convincimento che dobbiamo andare avanti contro una sinistra non ancora democratica». Alla vigilia delle dimissioni di ministri e sottosegretari Fli, il presidente del Consiglio ufficializza il suo "no" al passo indietro chiestogli da Fini. E lancia avvertimenti anche al Quirinale, dal quale pretende elezioni ad personam. 

L'ennesimo sgarbo istituzionale nei confronti del Colle annuncia la sfida senza esclusione di colpi che Silvio intende ingaggiare per esorcizzare il declino di un'era. Perfino Bossi mostra scetticismo per un premier che pretende lo scioglimento della Camera. Ma il Cavaliere va avanti e mette in scena il copione propagandistico dell'uno contro tutti che ritiene congeniale per rompere l'assedio. Attacca la Rai («la maggioranza degli italiani non si fa turlupinare da trasmissioni pagate con i nostri soldi. E' indegno avere una tv pubblica di questi tipo...») e invita la gente a non leggere i giornali che «descrivono una situazione che non c'è» e «fanno pubblicità a una politica partitocratica». Alzando i toni e avanzando la pretesa dello scioglimento della Camera, Berlusconi spedisce due messaggi precisi. Uno rassicurante ai senatori che potrebbero "tradirlo" per paura di perdere lo scranno, l'altro minaccioso ai deputati che dovrebbero metterlo in minoranza sul voto di fiducia. Il Cavaliere gioca l'azzardo sperando di recuperare una maggioranza numerica che sulla carta non possiede. Mostrando i muscoli rincuora i suoi e ostenta sicurezza davanti a quei reparti del centrodestra che potrebbero favorire "il ribaltone" perché non si sentono garantiti da un leader fiaccato e incerto sulla strada da imboccare. 

Il Pdl, in realtà, punta sul Berlusconi bis. Alza la posta e gioca sui tempi lunghi per logorare Fini e costringerlo ad accettare una crisi pilotata che conduca al reincarico del Cavaliere. «Il centrodestra senza Berlusconi sarebbe come Parigi senza la tour Eiffel», spiega l'ex An, Mario Landolfi. Dopo la Finanziaria il premier intende giocare le sue carte al Senato dove spera di vincere facilmente la partita che lo pone in svantaggio a Montecitorio. Alla Camera, tuttavia, Silvio non dispera di recuperare. Se l'azzardo non dovesse riuscire, però, il Cavaliere farebbe leva sulla minaccia di elezioni per mandare a buon fine una crisi nata al buio. Indirizzando, cioè, il mandato che il Quirinale "non potrà non conferirgli in prima battuta" verso l'esito positivo che il Pdl spera. Se il tentativo non dovesse riuscire e Fini e Casini dovessero mantenere le attuali posizioni, Silvio ricorrerebbe alla piazza per ottenere elezioni contro lo spettro del governo di transizione. E se questo dovesse nascere utilizzerebbe tutti i mezzi democratici – ostruzionismo compreso – per denunciare davanti agli italiani "il ribaltone". Fin quando non verranno indette nuove elezioni.

Nessun commento: