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23 nov 2010

La crisi politica? E' figlia di due donne: Veronica Lario ed Elisabetta Tulliani


La crisi politica che stiamo attraversando ha origini insolite, ma facilmente ricono scibili. Non si tratta, come qualcuno vor rebbe far credere, di un impazzimento do vuto a promesse non mantenute, a diverse concezioni della giustizia, a incomprensio ni tra Nord e Sud, tra Lega e componenti nazionalistiche della maggioranza, alla prepotenza di Tremonti, alla insofferenza del mondo della scuola per le riforme della Gelmini, alle malintese prospettive federa liste, insomma a ragioni ideali, economi che, culturali, improvvisamente affiorate all’interno di una maggioranza fino a ieri relativamente coesa, e lungamente collau data, ma di una crisi sessuale. Berlusconi ha introdotto una variante al celebre pre cetto andreottiano: «Meglio comandare che fottere».

Per lui è (o appare), vista la sereni tà dei suoi comportamenti), «meglio fottere che comanda re ». E infatti la politica non c’è più. Stiamo assistendo agli ef fetti imprevedibili e catastrofi ci di opposte concezioni della vita amorosa non tra cattolici e libertini, non fra tradizionali sti e figli disinibiti della rivolu zione sessuale, tra vecchi e gio vani, ma, all’interno di quello che fu lo stesso partito, tra Fini e Berlusconi. Questo è eviden te a tutti. E, dopo più di quindi ci anni di più o meno tranquil la convivenza sono maturate opposte e incompatibili con cezioni della vita sessuale. Tut to è tranquillo finché ci sono, benché in seconde nozze, due mogli. Poi, più o meno nello stesso tempo, Fini abbandona la moglie Daniela (o ne è ab­bandonato) e si avvia verso la Tulliani; e Berlusconi viene ab­bandonato clamorosamente da Veronica.

Già in questi di stacchi c’è una differenza. Da niela Fini se ne va discreta mente senza fare comunicati e sceneggiate; Veronica Lario non riesce a trattenersi e si sfo ga, in due tempi, prima nel 2007, poi nel 2009, non su Chi, ma sul giornale del nemico, la Repubblica. Già la scelta del l’organo ha un rilievo politico, ma gli argomenti sono tutti di natura personale e sessuale. La prima volta Veronica rim­provera a Berlusconi l’indeli catezza di aver detto a Mara Carfagna: «Se non fossi sposa to ti sposerei» (ma lui afferma di essersi limitato a dire: «Sei una donna da sposare»). Fra se forse infelice, ma generica, che indica una situazione di fatto.

L’attuale capricciosa e in v erosimile posizione della mi nistra delle Pari opportunità palesa che sposarla sarebbe stato un clamoroso errore. Ma la seconda lettera di Veronica a Repubblica rivela che fu un errore anche sposare lei. Infat ti, dopo anni di convivenza, Berlusconi scopre di essere stato vicino a una donna che non conosceva la quale, aven do avuto tutto da lui, avendo forse tollerato qualche inno cua scappatella, improvvisa mente si erge a preoccupata e severa moralista verso il «dra go » (suo marito) che frequen ta e mette in lista «ciarpame senza pudore». Se ne accorge dopo le fotografie del marito mano nella mano di una bella ragazza (Francesca Impiglia, da me per primo scoperta), nel giardino di villa Certosa, e dopo le altre fotografie di cin que ragazze scherzosamente sulle sue ginocchia,in un’altra allegra occasione in Sarde gna; dopo gli articoli e le inter cettazioni su attrici, show girl e giornaliste in diverso modo frequentate e in diverso modo care a Berlusconi.

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